Tutto è relativo, si sa. Ma in Italia, quando si parla di giustizia, quella che andrebbe scritta con la G maiuscola, tutto è dieci, venti, cento volte più relativo. Stessi episodi da valutare eppure sentenze diverse; condanne o assoluzioni ribaltate e decise spesso secondo l'interpretazione- o vogliamo chiamarla umore, cultura, senso della morale, etica personale? - del magistrato di turno.
Così se per i togati della Cassazione bastava, tanto per fare qualche esempio, toccare le spalle e le ascelle di una signora per dover rispondere del reato di violenza sessuale, (anno 2008, sentenza numero 4538); due labbra che si avvicinano un po' troppo al collo di una lei, piuttosto che la classica, repentina e vile toccatina sul lato «b» di una donna, eccoci qua oggi tutti un po' sbigottiti. Già perché desta clamore- e non poche polemiche- la decisione della giudice delle indagini preliminari di Torino che così ha stabilito: masturbarsi ed eiaculare sugli abiti (sotto i quali in questo caso c'era una donna in carne ed ossa) dell'oggetto dei propri desideri non è violenza. Semplicemente trattasi di un «mero atto osceno».
Alla faccia del novello «Torquemada», ovvero il pm Andrea Padalino che chiedeva invece la prigione per il maniaco in questione: un marocchino ventisettene immortalato nelle sue proibite acrobazie erotiche dalle telecamere di sicurezza di un autobus cittadino.
Nella registrazione, raccolta dopo la denuncia della vittima, si vede il nordafricano strofinarsi, oscillando in modo ritmico e inequivocabile, fino al piacere «estremo». Lui, con indosso un giubbotto mimetico senza maniche, decisamente troppo vicino al fianco sinistro di una giovane passeggera, che seduta guarda ignara fuori dal finestrino. Lei si accorgerà qualche minuto dopo dell'abuso subito, quando del pervertito ormai appagato, rimaneva solo la traccia biologica. «Nel racconto della donna si legge nell'imbarazzante ordinanza del gip non sono presenti elementi per confermare che lo sfregamento masturbatorio ipotizzato sia stato effettuato in appoggio alla gamba della donna». Quindi, continua il giudice Alessandra Cecchelli, «appare difficile qualificare il gesto come violenza sessuale e non piuttosto come mero atto osceno». Ipse dixit. Eppure c'è da scommetterci, la storia non finirà qui. Lecito pensare che la stessa Procura abbia in animo di presentare ricorso.
E a dispetto di quanto possa decidere un domani la corte d'appello, il caso prima o poi dovrebbe finire, come sempre del resto, sugli scranni della Suprema corte, il massimo organo - il gioco di parole è quasi d'obbligo - capace di spiegarci nel corso dei decenni cosa si può o no in fatto di materia sessuale.Ma i tempi cambiano, forse bisognerebbe chiedere al web...
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.