Da Serra a Fazio, la piazza pacifista sfratta il Pd e fa il gioco di Putin

Oggi a Roma l'adunata "Per l'Europa". Vip e politici, ma ognuno con una linea

Da Serra a Fazio, la piazza pacifista sfratta il Pd e fa il gioco di Putin
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Accorrono in massa (si fa per dire) le vedette e gli showman della sinistra catodico-chic: ieri sera, al Nazareno, ci si commuoveva per l'annuncio di Fabio Fazio: «Vengo anch'io». E con lui Jovanotti e Roberto Vecchioni, il prezzemolissimo Gianrico Carofiglio e il censurato di successo Antonio Scurati, l'ormai scolorita Luciana Litizzetto e l'immarcescibile Gustavo Zagrebelsky.

Sembra una convention pro-Kamala (all'amatriciana, lì c'erano star un po' più note), ma è la piazza pro-Elly organizzata da Repubblica - frontman per l'occasione Michele Serra - che con l'occasione, astutamente, lancia la sua nuova veste grafica di organo della sinistra per bene. E fornisce alla segretaria dem un bagnetto di folla prêt-à-porter per difenderla dalla piazza grillina organizzata da Giuseppe Conte.

Era partita nel nome dell'Europa, intesa come formula generica e buonista in cui riconoscersi contro l'America del caos di Trump. Poi purtroppo c'è stato l'incidente di percorso che nessuno (men che meno Schlein e Serra) si aspettava: l'Europa si è messa a fare sul serio, Ursula von der Leyen ha lanciato il più ambizioso e drammatico piano di difesa europea dal dopoguerra a oggi. Un patatrac: appena è finita sul tavolo la scelta di farla davvero, un'Europa capace di resistere ai propri nemici, la sinistra in generale e il Pd in particolare sono andati in mille pezzi. Come si è visto al Parlamento europeo, con i dem spaccati come una mela, la segretaria Schlein che ordina di votare contro la Ue e la difesa comune, e la maggioranza dei suoi che non la segue.

Una spaccatura che oggi si riprodurrà plasticamente anche in piazza: certo, ci sarà tutto e il contrario di tutto, perché il «siamo tutti europei» è uno slogan sufficientemente vacuo da andar bene a Maurizio Landini quanto a Matteo Renzi. Ma sul «come» essere europei, la distanza è gigantesca: da una parte le bandiere arcobaleno dei pacifisti che strizzano l'occhio a Putin (Cgil, Avs, Sant'Egidio, Perugia-Assisi etc). Dall'altra le bandiere ucraine, Carlo Calenda con t-shirt blu disegnata per l'occasione («Keep Calm & ReArm»), gli europeisti Pd come Pina Picierno, minacciata di morte dai russi, con l'appello «Per un'Europa libera e forte». Contro il disarmo unilaterale perorato da Schlein. Calenda, con +Europa, chiedono che «dal palco sia consentito a un rappresentante della resistenza ucraina di prendere la parola: sarebbe ben strano se chi lotta per la libertà e la Ue non ne avesse diritto». Silenzio di tomba dagli organizzatori.

Intanto l'alleato del cuore di Elly, Giuseppe Conte, che diserterà la piazza, si inchina a Trump («Alza la posta per ottenere i suoi obiettivi, io ci ho lavorato bene», e chi ne dubitava) e bombarda Elly e la Ue: «Brava Elly a dire no» alla difesa europea, «su questo si può costruire un'alleanza di governo», è il velenoso messaggio. A patto che sappia azzerare il dissenso interno: «Il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale. Quando il leader prende una posizione, un chiarimento va operato». Traduzione: Elly butti fuori i riformisti pro-Europa, mantenga la linea contro il «riarmo» (ossia la difesa comune europea) e lui è pronto ad accoglierla alla propria corte.

Gli schleiniani, che in effetti non vedono l'ora di buttar fuori l'ala riformista, ammutoliscono imbarazzati. Agli altri dà voce Filippo Sensi: «Siamo troppo plurali, dice quello. E aggiunge: servirebbe un chiarimento. A casa nostra, mica sua. Magari conta su purghe, epurazioni. Come hanno sempre fatto loro».

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