"Serve omogeneità di regole: il vantaggio avuto è chiaro"

Il capo della Commissione medica europea: "Il caso solleva temi etici"

"Serve omogeneità di regole: il vantaggio avuto è chiaro"
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Il suo nome è Imane, ma immane è anche il suo caso. Mancano diversi elementi, ma si sprecano le opinioni. Sappiamo una cosa, finalmente, accertata e accettata: Imane Khelif è una pugile algerina. È soprattutto una pugile, donna. Non è mai stata operata, quindi non è transessuale, ma tutt'al più una intersessuale. Possiamo dire con certezza che ha anche una disfunzione ed è quindi malata di iperandrogenismo (livelli di androgeni nel sangue più alti del normale), una malattia che provoca livelli di testosterone più alti del normale e che l'ha portata alla squalifica ai mondiali di boxe del 2023. Quindi se Imane ha valori fuori dalla norma e soffre di iperandrogenismo andrebbe curata. Sarebbe chiaramente un caso raro, ma non unico.

Nata nel 1999 a Tiaret in Algeria, Imane Khelif pratica la boxe da quando è bimba. Nella sua carriera ha partecipato ai Campionati mondiali di pugilato femminile a New Delhi nel 2018, poi in Russia l'anno successivo, ha partecipato ai Giochi di Tokyo 2020 giungendo fino ai quarti di finale e nei Mondiali femminili del 2022 a Istanbul è arrivata seconda. Poi eccola ai Mondiali 2023 organizzati dall'Iba (International boxing associaton, associazione non riconosciuta dal Cio) nei quali viene squalificata dopo un test di idoneità di genere, che avrebbe riscontrato in lei il cromosoma XY. Adesso le olimpiadi di Parigi: per il Cio è donna e può partecipare.

Il professor Mario Sturla, 73anni, pavese, specialista di medicina interna, in medicina dello sport e in medicina del lavoro, nonché Presidente della Commissione medica dell'Ebu (organismo europeo della boxe) e co-presidente della commissione medica mondiale del Wbc, organismo mondiale della boxe, cerca di mettere chiarezza sul caso.

Cosa ne pensa?

«Quello di Imane è davvero un caso molto delicato, del quale si potrà parlare compiutamente solo e soltanto quando si avranno in mano davvero i dati. Ragioniamo su induzione, ma una cosa la possiamo dire con chiarezza: questa vicenda ci porta davanti ad un grande problema etico e alla chiara necessità di avere al più presto omogeneità di regolamenti».

Si parla di iperandrogenismo, valori molto alti di testosterone: ma un atleta così non andrebbe curato?

«L'iperandrogenismo potrebbe avere come spiegazione la sindrome dell'ovaio policistico, ma andrebbe in ogni caso indagato e studiato in profondità».

Ma una donna che produce molto testosterone, ha davvero dei vantaggi sensibili rispetto ad un'avversaria?

«È evidente che hai un bel aiuto».

Non pensa che sia forse il caso di creare una categoria?

«Credo che sia più opportuno

studiare, conoscere e discuterne per arrivare a quei criteri di omogeneità. Questo caso spero possa servire come acceleratore per arrivare ad una soluzione: questo è un problema etico, ma anche è soprattutto scientifico».

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