Quel silenzio di Confindustria sulla norma ammazza-imprese

Per paura di irritare iul premier le associazioni di categoria non hanno protestato per lo stop al decreto. Ma quando Tremonti inasprì le pene fioccarono le contestazioni

Quel silenzio di Confindustria sulla norma ammazza-imprese

Nell'Italia del renzismo imperante non si può correre il rischio di passare per berlusconiani. Nemmeno quando si tratterebbe di opporsi alla cancellazione di una norma in sé giusta come l'introduzione di una soglia di franchigia del 3% per le dichiarazioni infedeli dei redditi di impresa e dell'Iva. Ma poiché il famigerato articolo 19-bis avrebbe potuto in qualche modo avvantaggiare l'ex presidente del Consiglio, le principali organizzazioni degli imprenditori hanno preferito il silenzio, per evitare polemiche, per non interrompere il filo del discorso con un governo al quale le critiche si muovono, ma a giorni alterni, per non irritare l'irascibile premier.

Lo ha domandato nell'editoriale di ieri il nostro direttore Alessandro Sallusti. Berlusconi, ha scritto, «non si è disperato, a differenza dei tanti imprenditori che rischiano il carcere per errori compiuti in buona fede affondando in quel mostro che è il fisco italiano, nel silenzio di Confindustria e Confartigianato, cioè di chi dovrebbe difenderli». Nemmeno una parola, in questi giorni. Non per riconoscenza o spirito di appartenenza, ci mancherebbe altro (anche se il Cavaliere con le controllate di Fininvest rappresenta un pezzo importante di Assolombarda e, quindi, del sistema-Confindustria). «Un silenzio ipocrita e politico», ha chiosato Daniela Santanchè (Fi).

Nel caso di viale dell'Astronomia, inoltre, tale posizione denota una singolare incoerenza. Occorre ricordare, infatti, che alcuni inasprimenti delle pene e delle sanzioni per i reati fiscali furono introdotti con le manovre anti crisi del 2011 dall'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti. A quel tempo la presidentessa Emma Marcegaglia e tutto il sistema confindustriale si lamentarono parecchio per le «ricadute sulla gestione operativa delle aziende». Sorprende, quindi, che il suo successore Giorgio Squinzi non abbia alzato nemmeno un dito sulle questioni odierne.

Tanto più che il tema è sempre all'ordine del giorno. Nello scorso agosto le associazioni imprenditoriali, e tra queste Confindustria e Confartigianato, si sono lamentate parecchio per l'emanazione di una circolare dell'Agenzia delle Entrate che preannunciava un giro di vite sugli studi di settore. Aziende e professionisti, infatti, possono aderire a questi strumenti di determinazione del reddito e scegliere di pagare ex ante un tot prefissato di tasse. Ma se i parametri si discostano dalle ipotesi dell'agenzia, ormai scattano immediatamente gli accertamenti nei quali il reddito non viene ricostruito dai documenti ma con altri sistemi statistici. Il rischio della supermulta e della galera è sempre presente.

Lo ha raccontato Il Giornale qualche mese fa descrivendo l'odissea di un imprenditore veneziano che ha combattuto dieci anni per avere ragione sulle esose richieste del fisco. Cosa fecero per lui Confindustria e Confartigianato? Niente.

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