Si cerca un nome di rottura. Ma i big restano in pista

Renzi vorrebbe slegarsi dai «soliti» candidati, però in pole resiste chi ha già ricoperto cariche di alto profilo. E Speranza va da Fitto per sponsorizzare Veltroni

Si cerca un nome di rottura. Ma i big restano in pista

RomaMa come diavolo dovrà essere questo nuovo presidente? Identikit si sprecano, ognuno ha un nome nel cuore o più spesso uno sullo stomaco: tanto da volerlo tirar giù. Fioccano le autocandidature e c'è chi fa fruttare buone amicizie nei quotidiani, così conquistando quel quarto d'ora di celebrità affinché un giorno possa produrre il miracolo, chissà. Non mancano neppure incontri riservati, cene segrete e casuali conciliaboli. Ieri, a esempio, Roberto Speranza si è recato da Raffaele Fitto per sponsorizzare Walter Veltroni al Quirinale.

Da parte sua, Mario Monti fa sapere che non parteciperà «ad alcuna riunione sul nome», sperando che qualcuno si ricordi persino del suo. «Non mi interesso al fantacalcio», fa sapere invece Matteo Salvini ed è finora di gran lunga la frase più saggia e costruttiva sull'argomento.

Un «grande arbitro» ha buttato là il premier Matteo Renzi, che intrattiene per vie traverse contatti con ciascuno dei «papabili», e si dice ci stia ripensando persino su Giuliano Amato , che piacerebbe a Silvio Berlusconi al punto d'averne fatto per primo il nome. Ma si sa che è inviso a parte del Pd, quella che vuole a tutti i costi «uscire dal Nazareno»: ovvero scegliere un presidente in dispetto agli ultimi vincitori di libere elezioni (eppure ieri la Serracchiani ha ricordato che «senza Cav non si può fare»). L'attuale giudice costituzionale è uno dei pochissimi a possedere il giusto pedigree di un inquilino del Colle: due volte presidente del Consiglio, vastissima cultura giuridica ed economica, fittissima rete di relazioni internazionali. Civil servent si diceva una volta, «uomo per tutte le stagioni» declinato oggi, così diventando forse pietra tombale sulla corsa. L'altro supertitolato è Romano Prodi , le sue quotazioni restano stabili, anzi tendenti al rialzo se non fosse per l'improvvisa fatwa lanciata da Beppe Grillo (diversivo o veto?) che impedirebbe la crescita costante dei voti nelle prime tre votazioni.

Il premier, in questo marasma che qualche commentatore paragona al suk arabo, pare ci stia sguazzando. Tramite quotidiani di comodo cerca di far passare una tesi a lui congeniale: che i tempi siano talmente mutati da rendere possibile uno strappo alle regole, quindi di non attenersi a nessuno dei tradizionali clichè . Per esempio, che sul Colle vada chi abbia ricoperto almeno una delle tre cariche principali della Repubblica: presidenza parlamentare, presidenza del Consiglio, presidenza di Bankitalia. Di questo elitario parterre fanno parte, oltre a Prodi e Amato, pochi nomi spendibili: Violante e Casini , D'Alema e Monti , Dini e l'attuale governatore Visco (esclusi in partenza Fini, Bertinotti, Pera e Schifani). Ognuno di essi però ha poche carte da giocare, pessimi caratteri o pessimi risultati (Monti), carenza di «quid» politico (il governatore); requisito, quest'ultimo, che naturalmente ingolosisce Renzi, deciso a restare unico giocatore in campo.

È questo il motivo che legittima e sospinge ambizioni che mai prima d'ora sarebbero sembrate plausibili: dal sottosegretario Delrio al ministro Padoan , all'impresentabile Rutelli (per restare ai fedeli). Oppure, per la categoria audience tv , politiche che non hanno esattamente illustrato la Patria nella militanza di partito, tipo Pinotti e Finocchiaro (che piace alla Pascale). O ancora, per il settore autoconvocati , giuristi rispettabili sebbene sconosciuti ai più, quali Sabino Cassese o Marta Cartabia .

È verissimo, la carica di capo dello Stato è una di quelle «auto-legittimanti», capace di rendere simpatico e popolare chiunque venga eletto (sempre che

non esageri). Eppure, in attesa che cambi la modalità d'elezione, andrebbe rispettato il dettato dei Padri costituenti e la prassi conseguente. Un «grande arbitro» va bene, ma che mastichi almeno un po' di (sacro) pallone.

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