Washington. Quando è arrivata la notizia dell'elezione di Joe Biden, Donald Trump era sul consueto campo da golf in Virginia, dove si era recato in mattinata per rilassarsi dopo 5 giorni trascorsi barricato alla Casa Bianca in attesa dell'esito del voto. In testa, il tradizionale cappellino con la scritta «Maga» (Make America Great Again). «Queste elezioni sono tutt'altro che finite», tuona il tycoon in una nota, mostrando ancora una volta che per ora la resa non è tra i suoi programmi. «Sappiamo tutti perché Biden si sta affrettando a fingersi falsamente il vincitore e perché i suoi alleati dei media stanno cercando di aiutarlo: non vogliono che la verità venga rivelata». Quindi, ribadisce che lunedì inizierà un'offensiva legale senza tregua contro il risultato delle urne, «per assicurare che le leggi elettorali siano rispettate e che venga eletto il legittimo vincitore».
«La vittoria di Biden non è stata certificata in tutti gli Stati», dice, anticipando una transizione dei poteri complessa e controversa. E il suo avvocato personale, Rudy Giuliani, conferma ancora una volta che il presidente non ha intenzione di concedere la vittoria. Inoltre, the Donald al momento non vuole neppure invitare Biden e la moglie Jill alla Casa Bianca. Un mancato invito che sarebbe una rottura della tradizione per la quale il presidente in carica invita quello eletto al 1600 di Pennsylvania Avenue prima dell'insediamento. D'altronde, solo poco prima che le maggiori reti tv americane annunciassero la vittoria del rivale, Trump ripeteva su Twitter: «Ho vinto queste elezioni e di molto». «Queste elezioni sono state un completo disastro, ai seggi sono successe cose orribili, se si contano i voti legali, sono io il legittimo presidente», ha poi aggiunto. Nonostante la rimonta (Trump è stato votato da oltre 70 milioni di americani) e l'ennesimo errore dei sondaggisti che avevano previsto una valanga di voti blu, per lui si materializza l'incubo peggiore: passare alla storia come presidente da un solo mandato, travolto dalla pandemia che ha capovolto l'esito di una rielezione sino all'inverno scorso considerata quasi una formalità. Uomo d'affari e capo di un impero immobiliare ereditato dal padre, l'inquilino uscente della Casa Bianca ha conquistato il cuore e la pancia degli Usa quattro anni fa grazie al suo essere un candidato fuori dagli schemi. Nello Studio Ovale ha portato uno stile politico fuori dalle convenzioni e nonostante la sconfitta, la convinzione è che sia destinato a restare sulla scena. Il trumpismo è tutt'altro che finito, pensano in molti e The Donald potrebbe ritentare l'assalto a Usa 2024, direttamente o sostenendo la figlia prediletta, Ivanka. Non è chiaro come si posizionerà il partito repubblicano, dove in tanti sembrano ansiosi di smarcarsi da una personalità ingombrante, che tuttavia dalla sua discesa in campo ha ridisegnato gli equilibri sulla sponda destra del Potomac. Il Grand Old Party non può ignorare l'entusiasmo che Trump ha scatenato all'interno delle classi medio-basse e di parte delle minoranze etniche: ha conquistato significative quote di sostenitori nelle aree rurali, ma ha anche registrato successi tra gli afroamericani, nelle aree urbane e suburbane. E soprattutto, ha incassato una quota importante di voti tra gli ispanici, secondo il Pew Research Center in queste elezioni diventati il più grande gruppo di voto di minoranza etnica o razziale degli Usa. E nell'attesa di capire se ci sarà un Trump capitolo secondo, dei suoi quattro anni nello Studio Ovale rimangono le contraddizioni e le polemiche, così come i successi: a partire, sul piano interno, dalla cavalcata economica pre-Covid, con la disoccupazione ai minimi da decenni, i milioni di posti di lavoro creati, e la riforma fiscale. Sul piano internazionale, invece, l'accordo fra Israele e i Paesi del Golfo, i colpi inferti al Califfato dell'Isis, il tenere testa allo strapotere della Cina.
E con i tre giudici nominati alla Corte Suprema, consegna un'eredità fondamentale ai repubblicani: con una maggioranza di sei togati conservatori su nove, il massimo organo giudiziario americano è diventato il più conservatore degli ultimi 90 anni.
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