Siena e Pisa, i feudi rossi che adesso vacillano

Il centrodestra unito tenta l'impresa: espugnare le ultime roccaforti. Grillini fuori dai giochi

Siena e Pisa, i feudi rossi che adesso vacillano

Se davvero succedesse sarebbe la fine del mondo: il centrodestra in Toscana potrebbe vincere a Siena, Pisa (e forse anche a Massa). Già solo ipotizzare uno scenario simile ha del clamoroso visto che in queste città, fino a poco tempo fa, alla sola parola «destra» gli abitanti si riempivano di bolle. Il mondo è cambiato e così anche l'elettorato che adesso volta pagina e fa scricchiolare quelli che nella Toscana da sempre comunista, sono i baluardi rossi da 70 anni.

Una vittoria del centrodestra a Siena sarebbe storica. Questa città rappresenta il segno del fallimento della sinistra e se cadesse questa città il terremoto si avvertirebbe in tutto il Paese. Monte dei Paschi, Mens Sana, Robur, Università, la città di Siena in questi anni ha macinato fallimenti su fallimenti, tragedie su tragedie e i cittadini non ce la fanno più. Basta ai comunisti, basta al Pd, basta al sindaco uscente in cerca di conferma Bruno Valentini, che ha fatto più danni della grandine. Sono ben 538 i candidati, divisi in 17 liste e schierati per 9 sfidanti alla poltrona da primo cittadino. Un candidato ogni 50 elettori. Follia pura, ma non in una città folle come è Siena.

Fino a qualche settimana fa il favorito era Pierluigi Piccini, già primo cittadino dal 1990 al 2001, ai tempi d'oro di babbo Monte, perché ai senesi piace crogiolarsi nel loro passato. Nel 1997, con l'Ulivo, segnò il record di voti col 60%. Fu cacciato dai Ds nel 2004. Vicino a lui si sono raccolti tutti gli ex del mondo, perché Piccini è uno trasversale: ex leghisti, ex democratici, ex forzisti e anche qualche ex grillino. Da qualche giorno però è Luigi De Mossi, avvocato rampante, molto ambizioso e con molte entrature, candidato con una lista civica ma sostenuto da tutto il centrodestra. Tanto che a Siena si sono visti Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Mara Carfagna e Antonio Tajani. Se la giocheranno al ballottaggio del 24 giugno. Tutto sta nel sapere in quali tasche andrà il bottino da 19% di preferenze di Luca Furiozzi, che doveva essere il decimo aspirante sindaco, quello del Movimento 5 Stelle ma che invece non ha ricevuto l'autorizzazione a usare il simbolo e rimarrà a casa.

A Pisa se la giocano il candidato del centrodestra Michele Conti, ex An e Andrea Serfogli, il candidato del Pd che il Pd non voleva. Anche qui con 10 candidati sindaco e oltre 600 in corsa per il consiglio comunale sarà inevitabile il ballottaggio.

«Vinceremo noi e spazzeremo via il potere rosso», profetizza Susanna Ceccardi la sindaca leghista della vicina Cascina, pupilla toscana di Salvini galvanizzato dalla recente conquista della «rossa Pistoia» e dal nuovo governo Conte. Fantapolitica, solo fino a qualche mese fa. Adesso però il Pd rischia sul serio, dopo 10 anni tragici di amministrazione Filippeschi. La Torre sembra pendere un altro pochino. A destra.

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