Sindaca, prefetto, questore: scaricabarile sul caos in piazza

Appendino si difende: seguita la prassi. Polemica sulla presunta incostituzionalità dell'ordinanza anti vetro

Sindaca, prefetto, questore: scaricabarile sul caos in piazza

Operazione scaricabarile. A cominciare dal vertice. Per Chiara Appendino, sindaco pentastellato di Torino, è più facile provare ad arrampicarsi sugli specchi che spiegare chiaro e tondo perché in piazza San Carlo, l'altra sera, c'erano bottiglie di vetro a migliaia. Proprio quelle che nella calca provocata dalla folla terrorizzata per il timore di un attentato - che non esisteva - si sono frantumate contribuendo ad accrescere il numero dei feriti.

Le bottiglie di vetro c'erano, per cominciare, perché il primo cittadino non ha emesso un'ordinanza per proibirne la vendita. Punzecchiata sul punto, infatti, la Appendino ha dribblato spudoratamente la questione. Prima chiedendo di «pensare ai feriti» (e non rispondendo) a margine del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza convocato dal prefetto Renato Saccone domenica, poi presentandosi ieri nell'aula del consiglio comunale. Dove ha ribadito che l'appuntamento con la finale di Champions in piazza ha seguito una «prassi amministrativa e organizzativa consolidata», rivendicando la mancanza di «provvedimenti di limitazione alla vendita di alimenti o bevande in vetro» in altri eventi simili, «alla luce della sanzionabilità della vendita abusiva» già prevista per legge. Peccato che gli abusivi c'erano - alla faccia dei controlli effettuati invece sui tifosi - e hanno inondato la piazza di bottiglie.

Se la sindaca ha in pratica scaricato la responsabilità sulle forze dell'ordine, a darle una mano, a sorpresa, è arrivato ieri proprio il questore di Torino, Angelo Sanna. Sostenendo con i giornalisti che «quell'ordinanza», ossia quella che proibiva la vendita di bottiglie di vetro, «era stata dichiarata incostituzionale, non valida». Una difesa d'ufficio che ha fatto sobbalzare due esponenti di Fdi, la componente dell'esecutivo nazionale del partito Augusta Montaruli e il consigliere regionale Maurizio Marrone. Che in una nota congiunta hanno ricordato come quella dell'incostituzionalità sia una panzana, ipotizzando che sia stata proprio l'Appendino a raccontarla al Questore. «E invece - spiegano al Giornale Montaruli e Marrone - un parere del 2015 spiega come siano incostituzionali solo le ordinanze che non specificano un limite temporale. Per un evento come quello di piazza San Carlo sarebbe stata perfettamente valida». E necessaria, insistono i due: nel 2010 era stato Chiamparino a emettere una «delibera-quadro» che chiedeva di proibire il vetro per i grandi eventi, «prevedendo l'emissione di una ordinanza specifica per ogni singolo appuntamento». Insomma, l'anticostituzionalità è una bufala, l'ordinanza ad hoc serviva. A domandarsi come sia stato possibile l'epilogo apocalittico della serata Champions, però, è anche la procura di Torino. Che nel fascicolo sugli incidenti di sabato si preoccupa anche delle eventuali «omissioni» previste dall'articolo 40, comma 2 del codice penale, in base al quale «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo». Un punto sfiorato anche dal ministro dell'Interno Marco Minniti, che oltre a caldeggiare lo stop a eventi che non garantiscano alti parametri di sicurezza, ha immaginato «altre strade» più consigliabili per «feste» come quella di sabato, pensando anche allo stadio.

Quello della Juve è uno dei pochi di proprietà di un club italiano, e una domanda sul perché si sia preferito concedere il placet in una piazza pubblica, mettendo a carico della collettività un evento legato a un club privato che poteva organizzarlo allo Stadium, è lecito farla. Chissà se la Appendino, che ha lavorato come contabile proprio per il club bianconero, avrà voglia di rispondere.

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