Ci sono voluti 97 minuti di orologio per trasformare il cessate il fuoco, mediato il 20 dicembre da Russia e Turchia, nell'ennesimo botta e risposta tra ribelli e filo-governativi. La tregua in Siria è stata violata poco dopo la mezzanotte di venerdì quando i rivoltosi, armi in pugno, hanno conquistato una posizione nella provincia di Hama. Gli stessi ribelli, pescati con le mani nella marmellata, hanno rispedito al mittente le accuse, incolpando il governo di Assad di aver bombardato i villaggi di Atshan e Skeik nella provincia di Idlib, che confina con quella di Hama. Uno scambio di delazioni che rischia di tramutare in carta straccia gli accordi firmati dal governo siriano e dalle forze di opposizione per avviare le trattative di pace. Si era parlato di accordi fragili, ma ipotizzare che il banco saltasse dopo appena una manciata di minuti dalla mezzanotte ha spiazzato tutti. A partire dal ministro degli Esteri russo Lavrov che però è ancora convinto di presentare al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite l'accordo per ottenerne l'approvazione. Le diplomazie sono al lavoro su tutti i fronti. Ieri il presidente del Kazakistan Nazarbayev ha reso noto il progetto per quelli che lui definisce «colloqui sulla riconciliazione siriana». Si terranno nella capitale Astana in «un prossimo futuro. Stiamo sostenendo gli sforzi internazionali volti a risolvere in modo pacifico il conflitto - ha aggiunto - ho l'appoggio di Erdogan e Putin».
Sul campo di battaglia la situazione è piuttosto confusa. Come accennato, miliziani islamisti hanno attaccato le forze di Assad attorno all'1.30 di notte. Dopo intensi combattimenti i soldati sono stati costretti a ritirarsi da una collina nella zona di Maharda. Altri scontri si sono sviluppati nel corso della giornata intorno a Wadi Barada, villaggio situato nella provincia di Rif Dimashq che circonda Damasco, a circa 15 chilometri a Nord-Ovest della capitale. I lealisti hanno messo in campo elicotteri da combattimento che hanno bombardato le posizioni dei ribelli, tra i quali sono compresi anche miliziani di Jabhat Fateh al-Sham (l'ex fronte al-Nusra), a suo tempo emanazione di Al Qaida in Siria. Questa sigla è ufficialmente esclusa dalla tregua, al pari delle fazioni che aderiscono al Califfato Islamico. Anche se il Supremo Consiglio Negoziale, l'organismo che rappresenta le principali forze dissidenti ai colloqui di pace mediati dalle Nazioni Unite, ritiene che anche i miliziani di Jabhat Fateh al-Sham avrebbero dovuto osservare il cessate il fuoco.
Il governo di Damasco ha giustificato l'intervento armato come rappresaglia contro gli insorti che nei giorni scorsi avevano danneggiato tratti della rete idrica che rifornisce Damasco, proprio all'altezza di Wadi Barada, lasciando da quel momento quattro milioni di abitanti senza acqua potabile. «L'Onu conosce perfettamente la criticità idrica, e sa di chi è la colpa», ha dichiarato ieri pomeriggio il ministro degli Interni siriano Al Shaar. Intanto le agenzie governative hanno riferito che una persona è morta e altre due, tra cui un bambino di 4 anni, sono rimaste ferite da razzi lanciati da miliziani dell'Isis e di Al Nusra sulla città di Khabab, nella provincia meridionale di Daraa.
La risposta è stata affidata ai jet russi che hanno colpito obiettivi dello Stato islamico vicini alla città di Al Bab, non molto distante dalla frontiera con la Turchia. Alla luce di tutti questi eventi appare sempre più difficile parlare di tregua rispettata.
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