Washington. Il duro confronto a distanza tra Washington e Mosca si allarga dall'Europa al Medio Oriente. Il Pentagono venerdì ha risposto all'attacco, compiuto da un drone di sospetta fabbricazione iraniana, contro la base della coalizione anti Isis di al-Tanf, nei pressi di Hasaka, nordest della Siria. Il Central Command ha fatto alzare in volo due F-15 dalla base di al-Udeid in Qatar, che hanno effettuato «attacchi di precisione» contro alcune postazioni delle milizie collegate ai Guardiani della Rivoluzione di Teheran, a loro volta legate al regime di Damasco, quindi a Mosca, quindi alle milizie della Wagner presenti nell'area. Nel raid contro la base di al-Tanf era morto un contractor statunitense ed erano rimasti feriti altri 5 militari e un contractor Usa. Nella rappresaglia americana contro due obiettivi nell'est della Siria, sarebbero rimasti uccisi 11 miliziani filo-Teheran.
Il Pentagono ha tenuto a precisare che l'azione, ordinata dal presidente Joe Biden, è stata decisa solamente dopo che l'intelligence aveva accertato l'«origine iraniana» del drone. È possibile che si sia trattato dello stesso tipo di velivolo con capacità esplosive, impiegato dalle forze russe in Ucraina. Secondo quanto rivelato al Nyt da fonti militari Usa, il principale sistema di difesa aerea della base di al-Tanf, denominato Rlz, «non era pienamente operativo» al momento dell'incursione. Difficile stabilire per ora - c'è un'indagine in corso - se le milizie filo iraniane fossero a conoscenza di questa «falla» nelle difese Usa, se questa abbia inciso in maniera determinante e, soprattutto, chi abbia fornito l'informazione, dettaglio inquietante, alla luce dei ripetuti attacchi compiuti recentemente contro le forze Usa e i loro alleati curdi in Siria. Un segnale della volontà di Teheran di alzare il livello della tensione nella regione, come ha riferito giovedì in un'audizione al Congresso il generale Michael Kurilla, a capo del Central Command: «L'Iran nasconde la mano usando milizie alleate». E tuttavia, venerdì Biden ha chiarito in una conferenza stampa a Ottawa di non cercare «il conflitto con l'Iran» ma che in ogni caso gli Usa «proteggeranno il loro personale». Lo stesso Kurilla aveva riferito della crescente alleanza militare tra Iran e Russia e del «recente aumento dei comportamenti rischiosi e non professionali delle forze aeree russe nella regione». Il generale aveva spiegato che i Su-34 di Mosca «volano sulle nostre basi carichi di ordigni, nel tentativo di provocarci». Si tratta - ha spiegato a Nbc News Alexus Grynkewich, comandante delle forze aeree del Central Command - di una violazione del protocollo che Usa e Russia stabilirono 4 anni fa, per evitare i sorvoli delle rispettive installazioni militari in Siria. «C'è stato un sostanziale aumento» delle incursioni russe, ha detto, parlando di circa 25 sorvoli nel solo mese di marzo. «Volano direttamente sulla testa delle nostre unità. È una situazione spiacevole».
Come dimostrato dalla collisione nei cieli del Mar Nero tra un jet russo e un drone Usa, il rischio che i «comportamenti rischiosi» dei piloti russi possano portare a un incidente, stavolta con militari Usa sul terreno, è concreto.
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