"Il sistema Toti non è mai esistito. Ecco perché non deve dimettersi"

L'avvocato del governatore: "Dalle indagini non è emerso alcun malaffare. Nessuna prova oltre alle intercettazioni telefoniche"

"Il sistema Toti non è mai esistito. Ecco perché non deve dimettersi"
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Dopo quasi un mese di arresti domiciliari, il governatore Giovanni Toti è «provato» ma fiducioso e «determinato a dimostrare la sua estraneità» rispetto alle accuse di corruzione della Procura di Genova. Resiste nel terremoto giudiziario che ha travolto lui e la Regione. La decisione di non dimettersi è arrivata dopo un incontro autorizzato dalla Procura con il suo fedelissimo braccio destro, l'assessore Giacomo Giampedrone, nella sua casa di Ameglia, alla presenza del suo legale Stefano Savi.

Avvocato Savi, l'incontro è stato autorizzato dai magistrati perché ritenuto necessario al presidente Toti per decidere cosa fare del suo futuro politico?

«In previsione di questa mozione di sfiducia presentata dalla minoranza e in discussione domani (oggi, ndr) abbiamo chiesto al gip di autorizzare l'incontro affinché Toti potesse avere informazioni su quanto sta accadendo in Regione dopo il suo arresto. Ed è stato importante perché da quando è stato sottoposto ai domiciliari ha visto solo me e io non sono di certo un referente politico. Finalmente ha avuto informazioni di cosa succede in Regione, del sostegno della maggioranza e di quali sono anche le scadenze urgenti di alcune pratiche di interesse della Liguria».

Sospeso dalle sue funzioni, quali sono i margini della sua azione dai domiciliari?

«Naturalmente non può intervenire, però anche tenendo conto della necessità di un bilanciamento tra ragioni del processo e ragioni istituzionali, era di interesse politico far sapere la sua intenzione di non dimettersi».

Per quanto tempo la Regione può andare avanti senza il suo presidente?

«Questa situazione non è destinata a diventare permanente. La Regione però è strutturata in modo da poterlo fare. Il meccanismo è scattato il giorno stesso degli arresti, ci sono un vice presidente e una giunta pienamente operativa».

Sulle pagine dei giornali è stato descritto come il "sistema Toti". Cosa rimane di quella sintesi mediatica?

«Di sistema inteso negativamente non c'è nulla. C'è un metodo di lavoro che ha portato a risultati sempre nell'interesse pubblico. Le indagini sono durate anni, non è emerso alcun sistema di malaffare, mi sembra che si stia iniziando a capire».

A oggi gli elementi dell'accusa sono esclusivamente le telefonate intercettate?

«Sostanzialmente sì, vedremo poi all'esito degli interrogatori che si stanno facendo cosa emergerà, ma a oggi le accuse si basano su telefonate e intercettazioni che Toti ha già chiarito nell'interrogatorio. Dietro a quelle conversazioni non c'è mai stato interesse personale. É intervenuto rispetto a intralci burocratici che potevano ostacolare investimenti e lavoro. Le azioni contestate erano sempre volte a capire se una cosa si poteva fare e capire perché non si faceva».

Lo accusano di essere intervenuto per favorire la proroga della concessione del Terminal Rinfuse all'imprenditore Aldo Spinelli, per i pm il presunto corruttore, in cambio di finanziamenti elettorali.

«Spinelli ha proposto un'istanza di proroga della concessione nel 2019. Aveva investito dei soldi e aveva dei dipendenti che rischiavano di andare a casa, e nel 2021 non c'era ancora nessuno che aveva risposto. Direi che lo scandalo è un ente pubblico che ci mette due anni per rispondere, non Toti che sollecita una decisione sulla base di parametri oggettivi».

Il ritorno in libertà è condizionato alle sue dimissioni?

«Normalmente se un indagato non è più in condizione di reiterare un reato viene meno la misura cautelare, nel nostro caso se non fosse più presidente della Regione non ci sarebbe più uno dei presupposti per gli arresti. In molti casi le dimissioni sono via più breve per tornare in libertà. Abbiamo scelto un'altra strada. Del resto in questo procedimento un altro indagato che non ha più il ruolo che aveva durante i fatti rimane in carcere (Paolo Signorini, ex presidente dell'autorità portuale a cui il gip ha rigettato la richiesta dei domiciliari). Nel caso di Toti, poi, la reiterazione del reato riferita alle imminenti elezioni europee non esiste, visto che non partecipa».

Perché non avete ancora depositato l'istanza di revoca dei domiciliari?

«A questo punto cerchiamo di capire quale sia il momento migliore per farlo, che riteniamo essere quando i pm avranno terminato i principali interrogatori dei testimoni».

In ogni caso fino a quando non ci sarà la decisione sulla revoca domiciliari non cambierà nulla, Toti non si dimetterà?

«La posizione resta quella che ha ribadito, ci sarà comunque la necessità di un altro confronto all'interno della maggioranza locale e nazionale per decidere il da farsi».

Come sta il governatore?

«È

una persona a cui è stata applicata una misura cautelare per cui lo stato d'animo ne risente, ma non si è lasciato scoraggiare, è intenzionato a combattere la sua battaglia da uomo che si ritiene assolutamente innocente».

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