Slitta l'udienza decisiva, per Zaki torna l'incubo: "Una brutta sensazione"

Lo studente egiziano resta libero ma dovrà aspettare fino al 6 aprile per la sentenza

Slitta l'udienza decisiva, per Zaki torna l'incubo: "Una brutta sensazione"

La fine dell'incubo si allontana di nuovo. Ma Patrick Zaki resta ottimista. L'udienza di ieri a Mansoura si è conclusa con un altro rinvio, al 6 aprile. Prima della decisione il ricercatore dell'Università di Bologna è stato tenuto circa mezz'ora nella gabbia degli imputati. «Una sensazione bruttissima», ha raccontato. Poi finalmente il responso. La seduta si è tenuta a porte chiuse, nella regione del Delta del Nilo. Sul posto erano presenti i diplomatici di Italia, Usa, Germania, Spagna, Belgio, oltre a una legale in rappresentanza della Ue. Ai giornalisti e ai diplomatici non è stato consentito di entrare nel Palazzo di Giustizia.

«Il giudice ha deciso di rimandare la decisione al 6 aprile, per ora sono libero e questo è un bene», ha dichiarato Patrick all'uscita dal tribunale. «La mia speranza è che ad aprile ci sia un esito positivo perché voglio tornare a Bologna presto e riprendere gli studi. Penso che vogliano del tempo per la decisione finale: vedremo cosa succederà». C'era da aspettarsi questa decisione. L'avvocato Hoda Nasrallah lo aveva detto. Ma il filo di amarezza permane in quella che sembra essere una vicenda senza fine. «L'altra notte ho sognato che ero libero, per davvero», aveva confessato Zaki alla vigilia dell'udienza. E poi ancora: «Sono ottimista ma so bene che c'è la possibilità di tornare indietro alla casella di partenza». Zaki rischia una condanna a 5 anni in Egitto, perché è accusato di diffusione di notizie false. Ha ammesso di provare preoccupazione per le passate accuse di istigazione al terrorismo, ma ritiene che questo dossier non verrà riaperto: «Perché dovrebbero farmi questo? Non c'è ragione». Poi ha confermato di voler tornare subito a Bologna e, per prima cosa, passeggiare in piazza Maggiore. Le accuse erano in un primo momento basate su suoi presunti post sui social che avevano configurato fra l'altro i reati di «incitamento alla protesta e istigazione alla violenza e ai crimini terroristici». Così Patrick rischiava 25 anni di carcere. Il procedimento è invece ora incentrato esclusivamente su un suo articolo del 2019 sulla discriminazione dei cristiani egiziani. L'accusa è quella di «diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese».

Subito è arrivato il commento di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia: «È un'attesa ancora enormemente lunga quella di Patrick per avere finalmente la sua libertà. È una data che ricorre quella del 6 aprile: nel 2020 e nel 2021 c'erano state altre udienze in questa data. Approfittando del periodo di libertà, in cui ha potuto riabbracciare la famiglia e la sua fidanzata, Zaki ha ripreso gli studi e venerdì scorso ha sostenuto l'esame di «Storia dei movimenti femminili nell'Italia moderna», l'ultimo necessario a completare la prima annualità del master. «Mi ha reso felicissimo», ha confidato. «È stato bellissimo poterlo fare e dedicarmi ai libri dopo tanto tempo». Un legame molto forte è quello con l'ateneo e la città emiliana. Patrick ha infatti twittato: «Qualunque cosa accada, sarò sempre grato alla mia università e alla mia grande famiglia per tutto questo sostegno».

E quando gli è stato chiesto dove intenda portare a termine i suoi progetti, ha risposto: «Non lascerò l'Egitto per sempre. Non voglio scappare. Io partirò quando si potrà, ma la mia famiglia resterà qui. Verrà a trovarmi, certo, ma questo è il mio Paese. Non lo abbandono».

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