Smart working, nuove regole per pubblico e privato

Siglato il protocollo. Dalla parità di stipendio all'orario più flessibile, ecco come funzionerà

Smart working, nuove regole per pubblico e privato

Via libera allo smart working made in Italy. Ieri sera è stato infatti firmato dalle parti sociali, presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, un protocollo che prova a dare un quadro di riferimento comune a quella che, negli ultimi due anni, è diventata una modalità di lavoro abituale destinata a durare nel tempo anche una volta archiviata la pandemia.

Il protocollo definisce «le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale» e lo fa innanzitutto distinguendo lo smart working dal telelavoro. Al lavoratore agile è infatti riconosciuta «l'assenza di un preciso orario» (pur essendo al contempo prevista la possibilità che l'articolazione delle attività avvenga per fasce orarie), «l'autonomia nello svolgimento degli obiettivi prefissati, nel rispetto dell'organizzazione delle attività assegnate dal responsabile» e la libertà di «individuare il luogo in cui svolgere la prestazione» purché sia garantita «la sicurezza e riservatezza». L'adesione allo smart working, secondo quanto previsto dall'accordo, avviene «su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale» che ne definisce le modalità. Deve poi essere garantita la parità tra i generi e favorito l'accesso alla prestazione da remoto ai lavoratori fragili o con disabilità che lo richiedano. Il rifiuto del lavoratore di aderire allo smartworking non comporta «il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare». Tra i principi varati dai sedici articoli del protocollo, vi sono il diritto alla disconnessione; la necessità che la strumentazione sia «di norma» fornita dal datore di lavoro; la parità di trattamento economico tra lavoratori da remoto e in presenza, benefit e welfare aziendale inclusi e il riconoscimento della tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali «dipendenti da rischi connessi allo svolgimento della prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali».

Soddisfatti sia i sindacati che le imprese. «L'accordo segna un punto di svolta perché contribuirà a definire nuovi modelli organizzativi di lavoro» sostiene Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl secondo cui «un accordo leggero, come quello siglato, è la strada più adatta per orientare la contrattazione collettiva e non sostituirsi ad essa, tenendo insieme opportunità e tutele per i lavoratori e miglioramento della produttività». Di «bussola di orientamento» parla invece Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio che evidenzia in merito «l'approdo equilibrato».

Per Maurizio Stirpe, vice presidente di Confindustria per il lavoro e le relazioni industriali, l'accordo raggiunto «è la prova che quando le parti sociali esercitano il proprio ruolo e il Governo si rende disponibile a costruire con loro una sintesi, i risultati si ottengono in tempi brevi e senza polemiche».

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