«Ancora cinque posti letto in tutta la Regione, fra poco dovremo a smistare pazienti nelle altre regioni». Il grido d'allarme, secondo fonti de il Giornale si diffonde nel pomeriggio di sabato e in breve fa il giro di tutti i reparti di terapia intensiva della Lombardia. Reparti dove medici e infermieri allo stremo affrontano anche una possibile carenza di mascherine e farmaci. Tre settimane di emergenza sembrano dunque aver messo alle strette un servizio sanitario considerato l'eccellenza del paese. Come mai? Il dottor Enrico Mairov mi guarda e sorride. «Semplice perché avete medici bravissimi, infermieri capacissimi e strutture eccellenti, ma vi mancano preparazione, addestramento e mentalità ovvero le condizioni indispensabili per affrontare le emergenze».
Il dottor Enrico Mairov bulgaro di nascita, israeliano per religione e storia personale, italiano d'adozione dopo le nozze con un'italiana parla con cognizione di causa. Dopo essersi laureato in Italia e aver combattuto come ufficiale medico tra le fila di Sayeret Matkal, l'unità d'eccellenza delle forze speciali israeliane, è diventato il capo progetto per la gestione delle grandi emergenze nello Stato ebraico. Una carriera proseguita in Italia all'interno del 118 lombardo dove fino al pensionamento dello scorso novembre, ha continuato a dedicarsi alle emergenze. «Se una situazione del genere si verificasse in Israele spiega Mairov la risolveremmo in tre ore con due mosse programmate da tempo. La prima è il raddoppio della capacità dei principali ospedali. La seconda è lo svuotamento dei reparti e il trasferimento dei pazienti all'assistenza domiciliare. Ma questi due obiettivi richiedono una programmazione e una mentalità abituata alle emergenze. Dopo l'esame degli errori della guerra del Kippur (1973, ndr) Israele ha rivisto prima il sistema sanitario militare e poi quello civile. Oggi a fronte di poco più di 9 milione di abitanti, contro i 10 della Lombardia, abbiamo nove grandi centri medici capaci di raddoppiare i propri posti letto attraverso una trasformazione dei piani sotterranei adibiti a mense o magazzini. Questo è stato sperimentato con successo nel 2006 quando Haifa si ritrovò sotto i missili di Hezbollah».
Ma l'altra grande innovazione - che Mairov sostiene di aver inutilmente tentato di esportare in Italia - è la capacità di dimettere i pazienti in tempi brevissimi per poi seguirli a casa attraverso la telemedicina. «In Italia disponete dai tre ai cinque posti letto per mille abitanti contro l'appena 1,5 per mille di Israele. Questo perché avete tanti medici bravi, ma una scarsa digitalizzazione. Anche in situazioni normali gli ospedali israeliani dimettono i pazienti e li affidano a 4 grandi aziende socio sanitarie, equivalenti alle vostre vecchie Usl, che li prendono in carico e li seguono a domicilio. In cambio di un abbonamento che va dai quaranta agli ottanta euro mensili i malati ricevono un modem collegato non ai telefonini, difficili da usare per gli anziani, ma ai televisori. E nelle abitazioni vengono installate telecamere in tutti i principali locali. A quel punto i pazienti vengono seguiti da presidi medici che li tengono sotto controllo 24 ore su 24. Un medico e pochi infermieri possono monitorare i parametri vitali di decine di pazienti, chiamarli per avere informazioni in caso d'incidenti banali come una caduta in casa o inviare un'auto medica nel caso d'improvviso aggravamento. Così i pazienti si sentono più seguiti che all'ospedale e sono felicissimi di poter starsene a casa loro».
Ma un sistema del genere secondo Mairov esige innanzitutto una politica all'altezza. «Il sistema socio sanitario è per una nazione l'equivalente di esercito o polizia. Quelli la difendono dai nemici esterni ed interni, la sanità dalle malattie.
Ma tutti e tre esigono una leadership capace di decidere. Noi abbiamo avuto leader come Dayan, Rabin e Sharon formatisi sui campi di battaglia e abituati a comandare. Voi avete formato dei medici bravissimi, ma vi manca una politica in grado di decidere».
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