"È solo un gioco delle parti per non regalare voti alla Meloni"

L'ex ministro: "Giorgetti non agisce senza consultarsi con Matteo. L'elettorato no vax? Non sono rimbambiti, c'è una parte della società che ha molti dubbi sui vaccini"

"È solo un gioco delle parti per non regalare voti alla Meloni"

Militante leghista dal 1986, poi ministro e viceministro in due governi, di «spaccature» nella Lega - dalle scissioni degli albori tra Bossi e i veneti a quella attuale tra governisti e no-pass -, Roberto Castelli ne ha viste tante. Ma a quest'ultima non crede granché: «Per come li conosco, mi sembra molto improbabile che Giorgetti agisca senza consultarsi con Salvini. Anzi direi impossibile»

Vuol dire che è tutto un gioco delle parti?

«Direi di sì, certo c'è un modo di vedere differente, anche rispetto ai governatori, ma non una vera spaccatura nella Lega. Mi sembra più che altro un tentativo di coprire uno spazio che altrimenti sarebbe occupato solo dalla Meloni».

Il mondo no vax intende. Che però è molto minoritario. Conviene veramente questo gioco alla Lega?

«Ma lei è sicuro che sia così minoritario? Questo è quello che fa credere il bombardamento dei media, invece c'è una parte della società che è perplessa sulla politica del vaccino, e non sono quattro rimbambiti ma anche molte persone intelligenti, da Ricolfi a Cacciari. E tra i perplessi mi ci metto anche io, visto che ho fatto il vaccino e tuttora sto male, mentre mia moglie, non vaccinata, dal Covid è guarita benissimo».

Quindi fa bene Salvini a dare voce anche ai perplessi del vaccino?

«Un leader deve ascoltare tutte le voci che vengono dalla società. Salvini ha capito che c'è un pezzo del Paese che ha molti dubbi, e potrebbe perfino essere una maggioranza silenziosa».

Però poi la Lega ha votato tutti i provvedimenti del governo sul green pass. Salvini non rischia di apparire come quello che dice una cosa e poi ne fa un'altra?

«Sì certo, il rischio c'è, serve molta abilità. Ma cosa dovrebbe fare? Far cadere il governo? È ovvio che si cerca di mediare, di ottenere qualcosa, poi però si vota con la maggioranza. La scelta di entrare nella maggioranza è stata intelligente. Se sei fuori guadagni i voti virtuali, ma se sei dentro puoi cercare di incidere, magari solo a impedire che vengano fatte cose negative, penso allo ius soli, alla legge Zan o alla riforma del catasto, tutte cose estremamente peggiorative. Quindi ha fatto bene Salvini a entrare nel governo».

Però nella Lega si torna a parlare di congressi, si aspettano le Amministrative per mettere in discussione la leadership di Salvini?

«Non credo che qualcuno pensi veramente ad un leader diverso nella Lega. Chi ha i voti? Li ha Salvini, è l'unico in grado di raccogliere milioni di voti in tutta Italia. Zaia è uno straordinario amministratore, non credo abbia ambizioni da leader nazionale. Giorgetti ancora meno. La verità è che in questo momento nella Lega non c'è una alternativa a Salvini come leader».

Lei non crede alla spaccatura. Intanto però una cinquantina di parlamentari non hanno votato con il partito sul green pass.

«Bisognerebbe vedere da quali regioni vengono, magari si scopre che la maggioranza di questi dissidenti sono eletti al centro-sud».

E quindi?

«E quindi non sono leghisti da vent'anni, come i lombardi e veneti, ma da venti mesi. Quelli che saltano sul carro del vincitore li abbiamo sempre visti. È chiaro che quelli che vengono da regioni dove la lega è radicata da anni hanno una diversa coscienza politica rispetto a chi arriva all'ultimo momento. So per esperienza diretta che quando un partito esplode nei consensi, imbarca un po' di tutto. Ma ripeto, bisognerebbe vedere chi sono, da dove arrivano e a che tipo di elettorato rispondono».

Magari è un

elettorato no vax.

«Può darsi. E si può trattare di personaggi come Borghi e Bagnai, che hanno profonde ragioni politiche dietro, o semplici peones che puntano a essere rieletti e quindi ascoltano i loro elettori».

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