Chi più chi meno, ci siamo cascati tutti. E a seconda delle rispettive sensibilità chi più chi meno tutti in questi giorni abbiamo invocato l'apertura dei ristoranti, o degli impianti sciistici, o dei cinema, o dei teatri, o delle palestre, o delle scuole di ballo... Evidentemente, chi più chi meno, i capi dei partiti e i singoli parlamentari faticano a maturare quello spirito repubblicano invocato dal presidente del Consiglio e continuano a chiudere gli occhi di fronte alla realtà come ha deprecato il presidente della Repubblica. La realtà è che, a causa del ritardo nell'approvvigionamento dei vaccini e del diffondersi di nuove varianti, il virus oggi è più minaccioso di quanto non fosse un mese fa: impensabile, oggi, tornare alla normalità.
Chi ha responsabilità di governo lo sa, e con realismo si fa carico del problema. Chi non è direttamente responsabile delle scelte finge spesso di non saperlo. Assistiamo, così, a un corto circuito logico per cui mentre i leader di partito reclamano nuove aperture i governatori espressi dai loro stessi partiti chiudono le scuole e i sindaci serrano i ranghi delle città che amministrano. Un corto circuito che rischia di delegittimare sul nascere un governo che pure i quattro quinti delle forze politiche hanno dimostrato, votandogli la fiducia, di considerare vitale per la salvezza dell'Italia.
Così non può funzionare. È naturale che i partiti si facciano carico del malessere delle categorie economiche più colpite dalle chiusure, ma non è invocando un irrealistico ritorno alla normalità che ne possono concretamente sanare le ferite. Ad oggi si può solo, anzi si deve, far leva sui cosiddetti ristori: aumentare gli stanziamenti, semplificare le procedure, integrare la platea di chi ha diritto affinché nessuno ne sia escluso. Il resto non serve. Non aiuta.
È appena iniziata una fase politica nuova. Una fase di responsabilità nazionale. Affrontarla con un occhio ai sondaggi e l'altro ai social sarebbe il modo migliore per comprometterne i risultati. Non è facile, certo.
Nel Paese dei guelfi e dei ghibellini, del conflitto permanente e dell'identità nazionale vacillante non è facile decidere di collaborare con realismo nell'interesse comune. Per noi italiani non è facile, ma in cuor nostro sappiamo che stavolta è doveroso.
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