«È stata fatta chiarezza: la Spd entrerà nel prossimo governo». Con queste parole il presidente a interim del partito socialdemocratico, Olaf Scholz, ha sgombrato il cielo della politica tedesca dalle nuvole che si sono sempre più accumulate dallo scorso 24 settembre, data delle ultime elezioni per il rinnovo del Bundestag. I socialdemocratici hanno dunque dato l'ultima luce verde al varo del quarto governo di Angela Merkel, la stessa cancelliera sotto la cui guida hanno governato negli ultimi quattro anni.
L'annuncio è stato dato domenica mattina dalla Willy Brandt Haus, sede berlinese dello storico partito della sinistra tedesca. La notte precedente il quartier generale della Spd si era trasformato in un piccolo Viminale, con un gruppo di scrutatori chiamati a fare lo spoglio dei voti inviati per posta dagli iscritti al partito socialdemocratico: è a loro che tradizionalmente la dirigenza affida l'ultima parola sulle scelte strategiche. E formare un nuovo governo con la cancelliera è certamente una di quelle. Assieme a Merkel la Spd ha già governato nel 2005: allora i due partiti arrivarono ex equo alle elezioni attorno al 35% per cui la große Koalition sembrò la scelta più naturale. Nel 2013 i rapporti di forza erano cambiati e Merkel, uscita vincente alle elezioni, si affidò ai socialdemocratici solo perché i tradizionali alleati Liberali non erano entrati in Parlamento. Oggi il quadro è ancora diverso: sia la Cdu della cancelliera sia il principale partito della sinistra sono usciti scornati dalle urne, perdendo complessivamente quasi 15 punti percentuali. All'indomani del voto, Merkel ha tentato di costruire un'alleanza nuova, sperimentata solo a livello regionale, unendo Verdi e Liberali. A causa di questi ultimi, però, a novembre l'esperimento è fallito. Il capo dello Stato, il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, ha allora spronato Cdu e Spd al nuovo accordo, rifiutando per la Germania l'etichetta di paese ingovernabile. Ci sono voluti altri tre mesi di negoziato e molti mal di pancia politici ma ieri l'alleanza è andata in porto, confermando Merkel regina della Germania e facendo tirare al presidente francese Emmanuel Macron che punta a riformare l'Europa con l'aiuto della cancelliera un sospiro di sollievo. Ridotta a quasi la metà rispetto ai fasti del 2005, la Spd sconta la contrarietà del 33% dei votanti che ha detto no a un nuovo abbraccio con la Cdu.
L'opposizione non è sui contenuti: al contrario i socialdemocratici portano a casa un patto di governo che fra i 45 miliardi di investimenti previsti e nessuna stretta alle pensioni suona molto più progressista che conservatore.
Il timore a sinistra è che Merkel finisca per svuotare dal centro ogni identità della Spd, riducendola definitivamente al lumicino. Domenica Olaf Scholz ha annunciato che i sei ministri socialdemocratici, ancora da indicare, «saranno tre uomini e tre donne».
Fra loro non ci sarà Martin Schulz che, sceso in campo un anno fa per sfilare il governo a Frau Merkel, prima ha perso le elezioni, poi ha fatto sbandare il partito fra opposizione e governo, uscendo di scena definitivamente.
A Scholz dovrebbe andare invece la guida delle Finanze per anni custodite dal falco dell'austerità targato Cdu, Wolfgang Schäuble. Merkel le ha cedute per restare al potere e ieri ha accolto l'esito del referendum interno della Spd dicendosi pronta a guidare il governo «nell'interesse della Germania».
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