In una battaglia in cui nessuno vince davvero, il medico ha dato la parola definitiva: staccheranno la spina.
Per Vincent Lambert, l'uomo tetraplegico in stato vegetativo da oltre dieci anni, divenuto simbolo del dibattito sul fine vita in Francia non ci saranno più trattamenti. Lo hanno stabilito i medici, ultimi giudici di un'esistenza appesa a cannucce e fili. «Interrompiamo i trattamenti».
Venerdì scorso, la Corte di Cassazione francese aveva riaperto alla possibilità di interrompere idratazione e alimentazione. Erano i genitori dell'uomo che ci speravano, che avevano lottato per tenere questo figlio aggrappato fino all'ultimo alla vita. Battaglie legali, mobilitazioni e appelli fino al Papa, suppliche per smuovere le coscienze, per impietosire i medici a continuare a sperare, per convincere la moglie a non lasciarlo andare via. Ieri invece è arrivata a ognuno dei componenti della famiglia Lambert la mail del dottor Vincent Sanchez, capo del reparto di cure palliative dell'Ospedale universitario di Reims. Poche righe in cui si chiariva definitivamente la posizione dei camici bianchi: «La procedura sarà avviata a partire da oggi». Il protocollo medico prevede «cessazione del trattamento» e «sedazione profonda e continua».
La moglie di Vincent, Rachel, ripete da tempo, insieme agli altri componenti della famiglia, che lui non avrebbe voluto vivere in questo stato, ma gli anziani genitori si oppongono dal 2013, quando ci fu una prima sospensione delle cure, poi ripristinate attraverso un ricorso in tribunale. Un tira e molla straziante, in cui l'uomo si è ritrovato al centro senza poter decidere nulla. Fuori da quella camera di ospedale, i litigi tra i parenti, più in là, il dibattito in un Paese costretto a interrogarsi sull'eutanasia per un uomo che non ha lasciato niente di scritto.
Una storia sfortunatissima quella di Vincent, ex infermiere di 42 anni, diventato padre di una bambina nata nel 2008, proprio qualche mese prima dell'incidente stradale che l'ha lasciato in stato vegetativo. Pochissimo il tempo concessogli per stare con la piccola; è Rachel che si fa carico di tutto, anche la lotta per veder esaudite le volontà del marito. Lei infatti lo ha sempre detto: il marito non avrebbe mai e poi mai voluto l'accanimento terapeutico. Lui che questa vita la subisce da dieci anni in stato vegetativo. Testi che non hanno mai voluto sentire gli anziani genitori del marito- ferventi cattolici. Mancano le prove, e lui non aveva lascito direttive. E allora che fare? Venerdì il penultimo capitolo della sofferta saga: la Corte di Cassazione aveva cancellato la sentenza della Corte d'appello che il 20 maggio aveva accolto il ricorso presentato in extremis dei genitori di Lambert per proseguire l'idratazione e l'alimentazione del figlio. Il drammatico appello della mamma all'Onu, Viviane lunedì scorso a Ginevra «per chiedere aiuto». Senza il vostro intervento mio figlio sarà sottoposto a eutanasia da un medico a causa del suo handicap cerebrale». Le lacrime e gli applausi, la commozione e la pietà per una madre che lotta per la vita del suo bambino.
Nella mail di ieri il medico invitava «alla responsabilità di ciascuno» affinché «l'accompagnamento di Vincent Lambert sia il più pacifico, intimo e personale possibile». E la battaglia di tutti finisce così. Senza vincitori.
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