L'amore dimenticato. Anzi peggio, rintanato. Dove? Nella solitudine delle nostre camerette, sotterrato dalle felpe degli adulti usate come adolescenti di ritorno; iperconnessi eppure soli come mai prima d'ora. A un anno dall'inizio pandemia, a telecamera spenta delle nostre videochiamate, siamo ancora qui in attesa. Aspettiamo logori e annoiati, a inciampare uno dentro l'altro in una casa irrimediabilmente affollata, senza l'interesse per l'altro, figurarsi il desiderio dell'altro. A dirlo anche i dati sul consumo del Viagra: in caduta libera. Cioè, non ci proviamo neppure più, e calo del desiderio e disfunzioni per sei uomini su dieci. Sembra un controsenso, proprio ora che abbiamo tutto questo tempo, non abbiamo più voglia. Una prospettiva forse sbagliata? «È proprio la prospettiva che in questo momento manca a non farci desiderare il rapporto con il partner» spiega la professoressa Maria Rita Parsi, psicologa e sessuologa.
Perchè tutte queste difficoltà?
«Il clima di angoscia e di morte che ci circonda influisce sulla nostra psiche, sul nostro benessere. La libido è un flusso e se lo distribuisci in troppe direzioni si disperde. Tanto più si è frustrati, preoccupati, tanto meno la coppia sentirà il desiderio sessuale, l'ozio creativo, pulsione rigenerante».
Sono gli uomini o le donne ad essere più stressati?
«Diciamo che è un periodo difficile per entrambi i sessi. Ma ovviamente se parliamo di donne e madri i compiti si moltiplicano. Devono occuparsi della casa e della cura dei figli, spesso la responsabilità anche della didattica a distanza, e poi devono lavorare, in smart working. E come ho detto, visto che la libido è un flusso, quando si arriva alla sessualità, il flusso è più che esaurito e si volta pagina».
Non riusciamo più a tenere i problemi fuori dalla camera da letto?
«Ormai siamo al punto che non esiste più un dentro e un fuori, le nostre camere sono le nuove sedi di lavoro. Difficile separare. Poi c'è la stanchezza, la preoccupazione, la resilienza messa a dura prova».
Quanto ha influenzato l'over familiarità?
«Ma tantissimo. Nulla mina di più un rapporto di coppia della familiarità eccessiva. Lo stare in casa per forza, ci rende cattivi. Nel senso latino del termine. Viviamo costretti, in cattività appunto. Prima c'erano contenitori esterni, si rientrava a casa la sera. Oggi la casa è il luogo di tutti e per tutti. La scuola ad esempio, era un contenitore ben preciso. Ora non più. Per le coppie c'è anche un problema legato alla privacy. Gli spazi sono sempre così affollati».
Per questo le coppie scoppiano?
«Ovviamente non si può generalizzare, ma la maggior parte vivono grandi difficoltà. Il covid ha fatto emergere i conflitti sotterranei, quelli latenti. Certo, bisogna distinguere, ci sono tante famiglie funzionali che hanno saputo utilizzare al meglio il tempo e lo hanno capitalizzato stando bene. Ma bisogna essere realisti, ci sono sempre più famiglie disfunzionali che soffrono questa situazione. Stare ogni giorno tutti i giorni sotto allo stesso tetto logora».
Per questo si tende a isolarsi?
«Esattamente. Chiudersi in se stessi per sopravvivere, cercare un proprio micro spazio, ci si sfoga con il virtuale, tutta la famiglia connessa e virtuale, ognuno collegato e perso nel proprio mondo. Ma c'è un però, una realtà così è densa di tensioni, l'utilizzo di telefoni e pc rende molto nervosi, rabbiosi».
Eppure insieme al calo del desiderio, l'uso della pornografia è in crescita, non è un controsenso?
«È uno degli effetti prodotti dal sovraffollamento della casa, il desiderio di fuga e quello che riaccende è il meccanismo trasgressivo. Siamo annichiliti dalla pigrizia, anche nella coppia, rifuggiamo nella masturbazione mentale e fisica come calmante. Escono così le ossessioni, come le fobie».
Cosa risponde a chi invece aveva ipotizzato un secondo baby boom?
«Non ci ho mai creduto. Siamo lontanissimi da quel periodo storico. Allora c'erano prospettive di lavoro, un clima di rinascita e di fiducia.
Oggi siamo piuttosto schiacciati da una prospettiva sempre più soffocante, l'impegno dei genitori diventa quasi insostenibile, per non parlare del peso che devono sostenere le donne con un mercato del lavoro che le svilisce».
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