No limits. Nello sport estremo del pagare in ritardo e nell'arrampicata sulla montagna di debiti, i Comuni italiani non li batte nessuno. Medaglia d'oro in entrambe le specialità. Dalla loro, hanno anni di esperienza alle spalle e la destrezza dello slalomista quando c'è da aggirare i paletti delle regole. Della legge che impone di saldare i «buffi» entro 30 giorni continuano a infischiarsene: i fornitori possono accomodarsi in sala d'attesa, una sorta di limbo alle soglie dell'inferno contabile come ci racconta un rapporto di Confartigianato.
Lì vengono scoperchiati gli antichi vizi della nostra Pubblica amministrazione. Su tutti, uno: oltre il 60% dei Comuni va ben oltre il mese entro cui le fatture devono essere saldate. Al Sud, nel 24% dei casi passano anche due mesi prima che i conti non siano più in sospeso.
Per i tedeschi debito e colpa pari sono (il termine «schuld» vale per entrambi), ma l'etica protestante è distante anni luce dalle abitudini dell'italica PA: nel 2020 l'indebitamento è lievitato a 58 miliardi di euro, con un aumento di quattro miliardi rispetto al 2019. E tali comportamenti poco virtuosi riverberano anche sull'economia del Paese, visto che i debiti pesano per il 3,1% sul Pil, quasi il doppio rispetto alla media europea. Se l'economia di Stato è in maglia nera e rende impietoso il confronto con gli altri, più rispettosi verso chi offre beni e servizi, a preoccupare sono le conseguenze di questa pratica abituale che si può ben riassumere con la massima del «per pagare c'è sempre tempo». Dice Marco Granelli, presidente di Confartigianato: «I ritardi nei tempi di incasso delle fatture peggiorano le condizioni dei piccoli imprenditori già colpiti dalla crisi pandemica. In attesa di essere pagati, sono costretti a rivolgersi alle banche per ottenere la liquidità necessaria a mandare avanti l'azienda».
Neppure una procedura d'infrazione da parte della Commissione europea è servita a far cambiare l'andazzo. Anche se la regola del saldo entro un mese viene rispettata da 3.134 Comuni, pari al 39,7% del totale, sono 2.849 i Comuni, il 36,1%, che pagano tra 31 e 60 giorni. Ai quali vanno sommati a 1.904 comuni (24,1%) che aspettano oltre 60 giorni prima di versare il dovuto ai fornitori. Una cifra in ascesa rispetto al 2020, quando i ritardatari erano 1.440.
I peggiori pagatori si concentrano nel Mezzogiorno, dove il 44% delle Amministrazioni comunali paga oltre i 60 giorni. Maglia nera alla Calabria, con il maggior numero di comuni, pari al 67,1% del totale della regione, che salda le fatture dopo due mesi. Seguono la Sicilia (60,4%), il Molise (52,9%), la Campania (51,6%) e il Lazio (51,6%).
Secondo Confartigianato, una soluzione per garantire il saldo delle fatture in tempi certi c'è, ed è anche semplice: «Basta applicare - spiega Granelli - la compensazione diretta e universale tra i debiti e i crediti degli imprenditori verso la Pa.
Confidiamo che il Pnrr contribuisca ad accelerare i tempi di pagamento della PA, come sollecitato in questi giorni dalla Presidenza del Consiglio al ministero dell'Economia, per avere entro la fine del 2023 una media dei tempi di pagamento pari o inferiore a 30 giorni».
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