Lo Stato non fa prevenzione: stanzia i fondi dopo il disastro

Le risorse reperite volta per volta, spesso a colpi di tasse Brunetta: "Ora serve un'assicurazione anti calamità"

Lo Stato non fa prevenzione: stanzia i fondi dopo il disastro

Terremoti, alluvioni, frane, inondazioni. Le catastrofi naturali, sfortunatamente, non sono una novità per il nostro Paese che presenta un territorio soggetto al rischio sismico per il 60% circa e al rischio idrogeologico per un altro 10%. Eppure, nonostante questo, manca una normativa uniforme, una legge quadro che disciplini il settore in modo preventivo, oggettivo e razionale. Questo significa prima di tutto che, in caso di danni da catastrofe, «non esiste per il cittadino alcun diritto automatico al risarcimento da parte dello Stato», sottolinea Alessandro De Felice, presidente di Anra (associazione nazionale risk manager). Che poi aggiunge: «Manca un approccio strutturale. Tutto è demandato alla volontà politica, alle disponibilità di spesa pubblica e alla possibilità di utilizzare la leva fiscale».

Si interviene sempre e solo successivamente al terremoto, alla frana, all'alluvione o all'inondazione con una legislazione di emergenza, risorse di volta in volta rese disponibili con nuove tasse e provvedimenti regionali ad hoc presi sull'onda emotiva che la singola catastrofe ha suscitato nel Paese. In poche parole danni conseguenti a due catastrofi naturali possono essere indennizzati con modalità differenti. E, anche se può apparire paradossale, in casi estremi si può anche immaginare che qualora la situazione economica italiana continui a peggiorare, al prossimo terremoto il Paese non sia in grado di reperire fondi per la ricostruzione.

La legge sul riordino della protezione civile del 2012 (Decreto legge 59/2012) ha poi formalmente delegato alle singole Regioni gli interventi successivi al verificarsi delle calamità. Sul territorio nazionale coesistono procedure e metodologie diverse nella valutazione delle richieste di indennizzo che hanno portato a una disparità di trattamenti di assegnazione dei rimborsi che, in assenza di una legge quadro, possono essere estremamente diversi tra di loro. Lo si è visto nella disciplina del terremoto dell'Abruzzo del 2009 rispetto a quello dell'Emilia Romagna del 2012. Per il sisma dell'Aquila erano previsti tetti massimi ai sostegni ai costi di ricostruzione delle imprese, ma non a quelli per le case private. Situazione opposta in Emilia Romagna.

Tutto questo tuttavia non sembra spaventare gli italiani che si cullano nella beata illusione che comunque ci sia sempre qualcuno in grado di provvedere e sostenere i costi della ricostruzione. Negli anni si sono susseguiti tentativi di regolamentare la materia, ma finora si sono sempre arenati nei corridoio romani. Uno dei più recenti tentativi di riforma, attraverso l'introduzione di una assicurazione obbligatoria, si è avuto nel 2005, come ha ricordato Renato Brunetta, esponente di Forza Italia, che ieri ha di nuovo invitato il governo a valutare, con la finanziaria, l'introduzione di un'assicurazione anti-calamità che responsabilizzi tutti, inviti a comportamenti «virtuosi» e faccia in modo che «le conseguenze delle calamità naturali siano sempre meno devastanti».

I modelli di riferimento non mancano come ricorda De Felice: «In Francia, ad esempio, simili assicurazioni sono obbligatorie per legge; in Gran Bretagna e Olanda l'obbligo è in capo solo all'assicuratore. In Cile infine è lo Stato a sottoscrivere le polizze».

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