Un altro mese con l'Italia divisa in tanti staterelli. Il blocco degli spostamenti fra le Regioni resta in vigore fino al 27 marzo. Insomma, fin quasi a Pasqua. Il governo sposa la linea della continuità rispetto al precedente esecutivo e anzi la rafforza: nelle zone rosse non saranno più possibili le visite agli amici - in formazione smart, due adulti più due minori - introdotte da Conte nell'ultima parte del suo mandato.
Rigore. Senza strappi. Mario Draghi vuole accelerare la campagna dei vaccini, ma non smantella le difese alzate contro l'epidemia.
Si va avanti, così, almeno per il momento, e anzi si introduce una nuova limitazione nelle fasce più a rischio, si toglie la valvola di sfogo dei pranzi e delle cene fra parenti, si rende il rosso ancora più rosso.
Nessuna novità sulla riapertura di cinema, teatri, palestre, piscine. Nessun aggiornamento sugli orari serali di bar e ristoranti, pure oggetto dell'ennesimo appello dei sindaci. Ci sarà modo di intervenire su temi così incandescenti, per ora si osserva con preoccupazione l'andamento dell'infezione e la diffusione delle varianti. Complicazione in una situazione già complessa.
Domenica le regioni hanno consegnato al governo un pacchetto di proposte: pure quello sarà oggetto di riflessione nei prossimi giorni.
I governatori vogliono rivedere i parametri che determinano i colori del semaforo messo a punto dal Conte 2. Chiedono ristori contestuali alle chiusure. Gradirebbero un Comitato tecnico scientifico che parli meno e con una voce sola.
Oggi, invece, le comunicazioni si sovrappongono e si affastellano, con il risultato di mandare in cortocircuito il sistema e di arrivare a decisioni che alla fine sono controverse, non condivise. O, peggio, giungono inattese, all'ultimo minuto. Come è successo con la precipitosa retromarcia su funivie e seggiovie, fermate a poche ore dalla ripartenza degli impianti.
Sono tante le misure da mettere a fuoco. E il Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini prova a dettare l'agenda: «Ora c'è l'esigenza di due incontri urgenti con l'esecutivo. Il primo a brevissimo termine sui contenuti che dovrà avere il prossimo Dpcm per il contenimento dell'emergenza Covid. Il secondo - per il quale comunque i tempi stanno stringendo - dovrà riguardare il lavoro di squadra per un efficace utilizzo delle risorse che saranno previste dal Recovery Plan».
C'è poi la difficile partita dei vaccini che si gioca a livello internazionale fra l'Europa e le multinazionali. Sul fronte interno, intanto, qualcosa sta cambiando. È in arrivo l'accordo con i medici di base che si schiereranno sulla prima linea delle somministrazioni. Ed è in corso un ripensamento dell'apparato logistico: tramontano le Primule, mai decollate, si va verso la distribuzione a pioggia sul territorio, fra aeroporti, stazioni, parcheggi dei centri commerciali.
Dunque, la prudenza non esclude aggiustamenti in corso d'opera. In tante direzioni.
Oggi, per esempio, il ministro Giancarlo Giorgetti si rivolgerà ai colossi farmaceutici invitandoli a ragionare sulla possibilità di produrre i vaccini direttamente nel nostro Paese.
Intanto, il coordinatore del Cts Agostino Miozzo esplicita il nuovo corso voluto da Draghi: «Il sistema a fasce funziona, noi siamo chiamati a moderare le nostre comunicazioni».
Più sobrietà, meno protagonismo.
L'Italia si è stufata di vedere virologi ed esperti vari che discutono e si contraddicono tutti i giorni a reti unificate, in un carosello di previsioni, allarmi, analisi ballerine. Ci vorrebbero, forse, meno annunci e più certezze. Regole e regolette consegnate alla comunità con un minimo di anticipo.Chissà se Draghi riuscirà a farsi ascoltare.
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