Chi sia Mario Draghi e perché il suo successo cresca insieme al consenso sia a destra che (molto meno) a sinistra, è un argomento ancora poco illuminato ma essenziale per capire l'oggi, lo ieri e il domani visto che la storia nel nostro Paese ha ripreso a correre, come la Nazionale di calcio. Il miglior strumento oggi lo offre un giornalista come Roberto Napoletano già direttore del Sole 24Ore e oggi del Quotidiano del Sud, con cui combatte a favore del meridione. Napoletano è un testimone d'eccezione perché è l'unico che abbia intervistato a lungo Mario Draghi quando era presidente della Bce ma più che altro è il testimone che in modo più tecnico e approfondito ha smascherato le molte bugie che si dicevano sull'Europa, l'euro, il triste destino della povera Grecia che sarebbe stata spolpata dalla Bce, quando fu esattamente il contrario: Draghi difese la Grecia, Draghi difese l'Italia, Draghi ha difeso l'euro e l'Europa e oggi si trova a guidare la Presidenza del consiglio italiana ma tutti sappiamo e vediamo che giorno dopo giorno quest'uomo agisce con l'autorevolezza di una carica che ancora non è stata inventata ma che si potrebbe definire la presidenza dell'Unione europea nel senso equivalente a quello della presidenza degli Stati Uniti d'America. Il ritorno del Cavaliere bianco è un libro che fa seguito a un suo precedente in cui descriveva l'incubo del cigno nero dei nemici dell'Europa e dell'europeismo.
Quel primo libro lo aveva concluso con queste parole: «Il cigno nero può tornare e non ci sarà un altro Cavaliere bianco». Era un testo del 2017. Napolitano ricorda che nel famoso discorso alla conferenza di Londra del 26 luglio 2012 Mario Draghi pronunciò le tre parole più famose della sua carriera - whatever it takes - costi quel che costi, che emersero dalla sua bocca dettate dall'immediatezza.
E questo è un elemento importante che Napoletano mette in risalto e che anche a me, che sono diventato un attento osservatore della personalità di Mario Draghi, colpiscono: Draghi usa un linguaggio immediato, talvolta deliberatamente tentennante perché spende alcuni neuroni e alcuni secondi nel cercare l'espressione giusta, come quando decide di confidare al pubblico che anche suo figlio voleva andare in Spagna con l'Erasmus senza poi poterlo fare. Oppure quando nota l'egoismo di quei giovani psicologi che corsero a farsi vaccinare benché trentenni prima di coloro che rischiavano la vita per il virus. Dunque Mario Draghi appare come un uomo normalmente umano al di là della sua corazza di tecnico solido e di poche parole, tutte significative. Fu allora che Draghi creò il bazooka dell'Europa, riportò l'euro nel campo della speranza da cui veniva estromesso a pedate da tutti coloro che puntavano sul suo fallimento che aiutò la Merkel a vincere sui falchi tedeschi e in particolare sul ministro delle finanze Wolfgang Schäuble il quale essendo un uomo tanto preparato quanto stizzoso, rispose «Guardi che non sono uno stupido».
Il presidente della Banca centrale europea aveva ribadito che l'uscita della Grecia dall'euro ci avrebbe fatto entrare - scrive Napoletano - in una terra incognita provocando una reazione nervosa del ministro delle Finanze tedesco stretto tra la ragione del suo interesse politico e l'evidenza lineare del ragionamento di Draghi che non poteva sfuggire a un uomo esperto e competente come lui.
Fu allora che Draghi cominciò a emergere come un leader politico e non soltanto come un grande tecnico della banca e delle monete. Napoletano racconta della premiazione avvenuta a Trento il 13 febbraio 2016 quando andò ad ascoltare la lectio di Draghi. Trento era la città di De Gasperi da cui il grande statista democristiano partiva per andare a rappresentare la sua comunità al Parlamento di Vienna finché esistette l'impero austroungarico. Il discorso che pronunciò Draghi fu il suo manifesto quando disse: «La ragione ultima di esistenza di un governo consiste nell'offrire ai propri cittadini sicurezza fisica ed economica e in una società democratica nel preservare la libertà e i diritti individuali insieme a un'equità sociale che rispecchi il giudizio degli stessi cittadini. Coloro che nel secondo dopoguerra volsero lo sguardo all'esperienza dei trenta anni precedenti conclusero che quei governi emersi dal nazionalismo, dal populismo, da un linguaggio in cui il carisma si accompagnava alla menzogna, non avevano dato ai loro cittadini sicurezza, equità, libertà: avevano tradito la ragione stessa della loro esistenza».
L'importanza di questo libro è nella descrizione di un misurato e non enfatico campione liberale che non alza la voce e che garantisce la più ferma ostilità e l'indipendenza da qualsiasi ideologia populista, fascista, comunista e di ogni altra possibile combinazione della illiberalità con il dirigismo economico e la violenza delle parole usate come armi contro la logica, la competenza, il rispetto dei principi della convivenza umana tra persone che meritano tutte uguale rispetto e identica qualità di servizi di un buon governo, capace di non mentire e
garantire competente capacità nell'amministrazione della cosa pubblica. Il libro racconta molto di più con un lungo diario giorno per giorno e per quel diario rinviamo i lettori al libro appena uscito per «La nave di Teseo».
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