Strangolata e bruciata, lui ora rischia l'ergastolo

Chiuse le indagini sull'omicidio di Sara Di Pietrantonio. Il pm: «Fu un delitto premeditato»

Tiziana Paolocci

Omicidio volontario premeditato, stalking, incendio e distruzione di cadavere. Vincenzo Paduano, il ventisettenne che il 29 maggio scorso ha strangolato e dato fuoco al corpo della sua ex fidanzata Sara di Pietrantonio, rischia l'ergastolo.

Il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il sostituto Maria Gabriella Fazi hanno firmato l'avviso di conclusione delle indagini, che anticipa la richiesta di rinvio a giudizio per il giovane. Il cadavere di Sara venne trovato alla Magliana alle 5 di mattina. Giaceva a pochi metri dalla sua auto incendiata. Dopo un interrogatorio durato otto ore Paduano è crollato e ha confessato l'omicidio.

Un folle disegno messo in atto quando si è reso conto di aver perso definitivamente la ragazza, con la quale aveva avuto una storia di due anni. Si erano conosciuti sul litorale di Ostia, dove entrambi lavoravano come animatori. Sara in passato aveva fatto anche la cameriera e la barista, per pagarsi le lezioni universitarie di economia.

La storia con la guardia giurata era stata sempre movimentata. Per due volte i due si erano lasciati, perché Paduano era assillante e gelosissimo. Ascoltando gli amici di Sara e controllando il suo profilo Facebook gli investigatori hanno scoperto che lei da tempo viveva nella paura.

Anche una settimana prima di morire lui l'aveva minacciata: non ricevendo risposta ai suoi messaggi Paduano l'aveva raggiunta trovandola in compagnia di Alessandro Giorgi e l'aveva strattonata, costringendola a parlare con lui.

Ma per lei la storia era chiusa e lo aveva ribadito il pomeriggio del 29 maggio, quando l'ex era andato a trovarla a casa per avere di nuovo chiarimenti. Era uscito dall'abitazione senza avere più speranze di ricucire quel rapporto. Questo lo ha spinto ad attuare il disegno di morte, anche se davanti agli investigatori ha sempre negato la premeditazione parlando di incidente. Il ventisettenne ha fornito diverse versioni dei fatti, cercando di mischiare le carte in tavola e dando la colpa all'abuso di cannabis. Ma nessun racconto ha convinto gli inquirenti.

L'unica certezza è che se la studentessa non poteva essere sua, non sarebbe stata di nessuno.

Così quel maledetto sabato di maggio Paduano, che lavorava in una portineria poco distante dal luogo del delitto, si è appostato con l'auto sotto l'abitazione del nuovo ragazzo di Sara. Ha atteso che lei lo riaccompagnasse. Poi, sapendo che strada avrebbe fatto lei per tornare dalla madre, ha atteso. Quando ha visto comparire l'auto l'ha affiancata, inseguita, speronata e costretta a fermarsi. A quel punto, secondo la ricostruzione degli investigatori, l'assassino è entrato nell'abitacolo della vettura di Sara. I due hanno discusso animatamente.

A un certo punto lui ha cosparso la vettura con l'alcol, gettandolo anche contro la ventiduenne. Lei è scesa per cercare aiuto, ma invano.

Paduano ha dato alle fiamme l'auto, ha raggiunta e le ha dato fuoco con un accendino. Dopo il delitto, è tornato al lavoro all'Eur, come niente fosse.

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