Com'era prevedibile le parole di Giuliano Amato sulla strage di Ustica hanno suscitato grande clamore sia per i contenuti sia per le modalità (attraverso un'intervista su un quotidiano) con cui sono state pronunciate. Impossibile perciò non chiedersi le circostanze in cui è nata l'intervista a cominciare dalle tempistiche e dai contenuti espressi. Le domande dopo aver letto le sue dichiarazioni sono numerose e lasciano adito a vari dubbi a cominciare dal momento: perché proprio ora?
Pensare a una casualità sarebbe quantomeno da ingenui, Amato non è una persona qualsiasi a ha ricoperto incarichi di primo piano nella vita repubblicana. È stato ministro dell'Interno, poi a capo di altri dicasteri, ha ricoperto l'incarico di presidente del Consiglio e per nove anni è stato Giudice costituzionale (di cui otto mesi presidente della Corte). Non proprio il curriculum dell'ultimo arrivato e per questo le sue parole non possono essere derubricate a un'uscita estemporanea quanto a un preciso calcolo politico le cui finalità si possono solo provare a supporre. D'altro canto Amato è un figlio di quella prima Repubblica in cui un altro esponente di spicco affermava «a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca». Difficile in questo caso bollare come «complottiste» le sue dichiarazioni, la stessa categoria è stata utilizzata in questi anni per indicare le ricostruzioni che portavano alla pista francese poi evocata proprio ieri da Amato. Non si tratta a onor del vero di una novità, già Cossiga aveva proposto la ricostruzione di un missile francese che aveva colpito erroneamente il Dc9 e il cui obiettivo reale era Ghedaffi. Proprio Cossiga e Craxi sono stati tirati in ballo da Amato senza che, per ovvie ragioni, entrambi possano smentire o meno le sue parole.
Come spiega l'ex senatore e ministro Carlo Giovanardi, già membro di varie commissioni di inchiesta: «Bisogna comunque aspettare di capire se Amato confermerà quanto rilanciato dai quotidiani di oggi, perché lui stesso, da sottosegretario e sotto giuramento, sentito in tribunale disse cose del tutto diverse. Mi chiedo perché le sentenze sulla strage del 2 agosto 1980 a Bologna sono sacre, mentre quelle che hanno assolto i generali dall'accusa di depistaggio per Ustica, fino in Cassazione, non hanno lo stesso valore».
Da più parti in ambienti vicini al governo serpeggia il dubbio che le dichiarazioni di Amato siano un modo per mettere in difficoltà l'esecutivo nei rapporti con la Francia. Già le relazioni con Macron non sono delle migliori in particolare per il dossier migranti e aprire un altro fronte su un tema così spinoso non gioverebbe nei rapporti diplomatici tra i due paesi. Soprattutto per un governo molto sensibile ai temi nazionali lasciare passare come se nulla fosse un possibile coinvolgimento straniero diventerebbe impossibile. Il punto però, come sottolineato dal premier Giorgia Meloni, è la necessità di prove oltre alle deduzioni.
Eppure il riferimento a un ruolo della Francia nella strage di Ustica rappresenta un problema anche per il Trattato del Quirinale e non stupirebbe se dalle parti del Colle l'intervista fosse stata accolta con fastidio.
La richiesta di scuse a Macron è, come prevedibile, caduta nel vuoto anche se Parigi si è detta «pronta a collaborare se l'Italia ce lo chiederà».
Ma c'è anche un altro punto non causale nelle parole dell'ex premier ed è il coinvolgimento della Nato in un momento delicato come quello attuale.Per fugare ogni dubbio sulle sue reali intenzioni dovrebbe essere lo stesso Amato a spiegare cosa l'ha portato, dopo quarantatré anni, a rilasciare questa intervista e soprattutto perché non lo ha fatto prima.
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