Anche in tempi di coronavirus i rituali della politica non cambiano. E dei rituali fa parte anche la trattativa sul Def, documento in teoria tecnico, che sarebbe solo una cornice alla legge di Bilancio, ma che di fatto è diventato un'anticipazione delle misure più importanti di politica economica.
Il Documento di economia e finanza era in agenda per ieri sera, uno dei due piatti forti di un consiglio dei ministri che era già slittato un paio di volte.
Ieri pomeriggio l'annuncio ufficioso che sarebbe slittato a questa mattina. Insieme all'altra decisione importante, cioè l'approvazione da parte del governo dello scostamento di bilancio. Quindi della richiesta del via libera da parte del Parlamento (scontato e probabilmente unanime) a fare più deficit per una cifra che dovrebbe essere superiore ai 50 miliardi. Fondi necessari a finanziare il decreto di aprile, anche questo oggetto di continui rinvii.
Del Def si sa quasi tutto. In particolare le previsioni sul Pil, con una decrescita che non ha precedenti nella storia repubblicana. Meno 8 per cento, che si trasformerebbe in un più 5% nel 2021, effetto del rimbalzo fisiologico dopo i periodi di contrazione economica. Inevitabili i riflessi sui conti pubblici con un deficit Pil sopra l'8% e il rapporto debito Pil tra 155% e 160%.
Ma oltre alle previsioni, il cosiddetto quadro tendenziale, il Def contiene anche il quadro programmatico, cioè la quantificazione degli effetti sui conti pubblici delle principali scelte politiche. In sostanza, una sintesi della legge di Bilancio. Ed è su questo capitolo che c'è stata la frenata di ieri. Possibile ce ne siano altre visto che il documento deve essere approvato e mandato alla Commissione europea entro la fine del mese. C'è quindi una settimana piena per trattare e litigare.
Non è da escludere che dal Def si capisca se il governo aderirà al nuovo prestito del Mes. Un finanziamento da 36 miliardi, che finiranno nel debito pubblico, ma con tassi inferiori rispetto a quelli delle obbligazioni del Tesoro.
Il Def dovrà prevedere quello che il governo dovrà fare il prossimo anno. Si sa che ci sarà di nuovo uno stanziamento per evitare l'aumento dell'Iva previsto dalle clausole di salvaguardia per il 2021. Sono 20 miliardi che appesantiranno un Bilancio sul quale graveranno altre spese. Quelle ereditate dal 2020, con le misure adottate per l'emergenza coronavirus. Ma anche eventuali nuove misure anti crisi.
Dalle parti della maggioranza è tornato d'attualità anche il tema Quota 100. L'abolizione del pensionamento anticipato varato dal primo governo Conte potrebbe liberare delle risorse preziose.
Tra le misure da definire le risorse aggiuntive da dare alla Cassa depositi e prestiti, 40 miliardi di euro che servono, per intervenire e salvare aziende considerate strategiche per l'interesse nazionale. Sono risorse che danno sostanza alla golden power, che serve a difenderle da scalate da parte di investitori esteri attraverso ricapitalizzazioni. Un po' sul modello dell'omologa tedesca della Cdp, la Kfw.
Facile sospettare che diventi il veicolo per salvare aziende in crisi prima della pandemia, in particolare Ilva e Alitalia. Ipotesi esclusa ufficiosamente dal governo.
Il fondo della Cdp servirà solo ad aiutare campioni del made in Italy in crisi per lockdown e virus. D'altro canto una scelta diversa sarebbe vietata dalle norme Ue e il governo non si può permettere un altro fronte aperto con l'Europa.
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