Sembrava la festa della cresima di Matteo Renzi quella foto di gruppo tutti in camicia bianca. Quella comitiva di cresimandi rappresentava l'Europa di sinistra dopo la candeggina del nuovismo, le camicie che perdono colore ideologico nella lavatrice dell'eurozona ed esibiscono quella specie di candore operoso, di verginità affabile e volonterosa di chi governa senza una linea politica, senza un'identità culturale, senza una storia vissuta e ricordata. Si ricomincia dal bianco-annunciazione. Renzi ha ormai adottato la camicia come messaggio, l'immagine del premier con la camicia lo rende famigliare, giovanile, alla mano, all'opera, fuori dagli schemi, dal Palazzo, dalle istituzioni più ingessate.
Credo che ci sia anche qualcosa di scaramantico nel camicismo di Renzi, un po' come evocare la camicina della fortuna, ovvero i neonati con la placenta ancora avvolta, che si diceva avessero fortuna poi nella vita. Un'inedita interpretazione di culo&camicia. Dopo Garibaldi, gli ultimi leader in camicia furono Mussolini, José Antonio e Peron con i suoi descamisados.
L'epoca delle camicie nere, verdi, azzurre, ecc. appartiene al nazionalismo, con qualche propaggine cubana e cinese.
Pure Bersani fece la sua ultima campagna da leader in camicia, ma senza abbandonare la giacca, per sembrare di lotta e di governo. Al sud la camicia bianca era la domenica dei cafoni in piazza e a messa, dopo giorni di lavoro. Siamo fermi al camicismo domenicale dell'eurorenzi; aspettiamo ancora il lunedì dei fatti. Matteo sporcati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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