Francesco Bonura, condannato per associazione di stampo mafioso e ora scarcerato per motivi di salute e messo agli arresti domiciliari dal magistrato di sorveglianza Gloria Gambitta, potrà spostarsi, anche fuori dal comune di residenza, oltre che per motivi di salute, legati a visite o esami diagnostici, anche per comprovate esigenze familiari. Ovvero per partecipare a matrimoni, battesimi, funerali e persino riunioni di famiglia durante le festività quali Pasqua e Natale.
È quanto si spiega nel provvedimento di scarcerazione firmato proprio dal giudice di sorveglianza di Milano, in cui si cita testualmente: «Saranno autorizzati dal responsabile delle Forze dell'ordine gli spostamenti in giornata fuori dal territorio del Comune di dimora o gli ampliamenti orari per significative esigenze familiari (per esempio matrimoni, battesimi, eventi luttuosi, 25 e 26 dicembre, domenica di Pasqua e lunedì dell'Angelo, ecc) o lavorative (qualora sia autorizzato a lavorare)». Inoltre, non potrà «fare uso di alcuna sostanza stupefacente né abusare sostanze alcoliche, anche nell'ambito territoriale». Dovrà comunque rispettare le indicazioni governative relative all'emergenza sanitaria. Non potrà poi «frequentare, senza adeguata ragione, pregiudicati, alcol dipendenti, tossicodipendenti, soggetti sottoposti a misure alternative, cautelari, di sicurezza o di prevenzione o di persone che comunque lo espongono al rischio di commissione di reati (salvo si tratti dei familiari), omettendo altresì di frequentarne gli ambienti».
Se fosse uno scherzo sarebbe da riderci, ma la gravità della situazione impone una riflessione. Che si tratti di un modello prestampato firmato con leggerezza? Improbabile, visto che all'interno dello stesso sono state inserite le disposizioni anti Covid.
Inoltre, è stato disposto che Bonura, classe 42, con gravi problemi di salute, trascorra il resto della pena da scontare (il periodo di detenzione sarebbe dovuto terminare il 12 marzo 2021) presso la propria abitazione a Palermo, cuore della sua passata attività mafiosa, dove malgrado le condizioni di salute potrebbe benissimo venire a contatto con gente che con lui ha collaborato in passato per i crimini di cui è accusato. Uno schiaffo alle vittime di mafia, di cui hanno parlato anche il giornalista Massimo Giletti l'altra sera a Non è l'Arena e la scrittrice Francesca Totolo, che sono intervenuti condannando le scarcerazioni a cui ora il ministro della Giustizia Bonafede vorrebbe mettere una pezza, scavalcando le decisioni dei giudici, per quanto per lui discutibili, e imponendo il volere politico su quello della giustizia, più tipico di un regime dittatoriale che di una democrazia.
Il botta e risposta televisivo tra il Guardasigilli e il pm Nino Di Matteo è il metro di misura di una situazione sfuggita di mano, che sta facendo irritare l'Italia intera, sdegnata di fronte alla prospettiva di veder uscire dal
carcere chi dovrebbe restarci, soprattutto se condannato per certi reati. In questo scenario in cui la giustizia si fa sempre più ingiustizia una domanda resta nei pensieri di tutti: ma perché il ministro non si dimette?
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