«La Turchia ci chiede cosa che non possiamo dare». Risponde di sciabola il primo ministro svedese Ulf Kristersson per scoprire ufficialmente il gioco ambiguo di Recep Tayyip Erdogan con la Nato. Da un lato il Presidente turco per mesi ha bloccato le richieste di adesione all'Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia, dall'altro ora ha avanzato richieste che la Svezia non può accettare. «La Turchia ha confermato che abbiamo fatto quello che avevamo detto ma vuole anche cose che noi non possiamo e non vogliamo dare», ha precisato Kristersson durante una conferenza sulla sicurezza a cui ha partecipato anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, mentre il ministro degli esteri Pekka Haavisto ha aggiunto che la Finlandia «non ha tanta fretta di aderire alla Nato da non poter aspettare che la Svezia ottenga il via libera».
Ad oggi solo i parlamenti turco e ungherese non hanno ratificato l'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Stoltenberg ha ricordato una volta di più il dogma dell'alleanza: «In un mondo diventato meno sicuro è ancora più importante che Finlandia e Svezia diventino membri». Anche per questa ragione si è detto convinto che «sottostimare la Russia potrebbe avere le maggiori conseguenze proprio sulla sicurezza della regioni nordiche» europee. Pochi giorni fa la Turchia, per bocca del ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, pur sottolineando le «misure positive» adottate da Stoccolma, ha chiesto «altri passi importanti» per rimuovere le obiezioni. La presa di posizione ad orologeria di Cavusoglu ha seguito di pochi giorni il no della Corte Suprema svedese di estradare il giornalista Bulent Kenes, ricercato da Erdogan perché accusato di essere coinvolto nel golpe farlocco del 2016 e ritenuto vicino al predicatore Fetullah Gülen. Le istituzioni svedesi avevano osservato come alcune delle accuse contro Kenes non fossero crimini in Svezia, il che, insieme alla natura politica del caso e al suo status di rifugiato, ha reso impossibile l'estradizione: «Esiste anche il rischio di persecuzione basata sulle convinzioni politiche di questa persona», disse il giudice Petter Asp.
Il 53enne Kenes, caporedattore del quotidiano Today's Zaman,
ora chiuso, venne arrestato nell'ottobre 2015 per «aver insultato il presidente» a causa dei suoi tweet. Rilasciato quattro giorni dopo, nell'ottobre 2016 un tribunale spiccò un mandato d'arresto. Il governo di Ankara lo ha
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