L'economia italiana passerà da un anno di crisi nerissima, attenuata da una cura da cavallo quantificabile in 100 miliardi di spesa pubblica ad altri 12 mesi pieni di incognite e una certezza: la maggior parte dei sussidi e aiuti dell'emergenza covid non saranno confermati.
La legge di Bilancio è lontana, e anche la presentazione della Nota di aggiornamento del Def (documento di economia e finanza) non è ancora tra le priorità del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, che ieri tornato al lavoro al dicastero.
Primo dossier sulla scrivania di Quintino Sella, monitorare l'efficacia e il costo effettivo delle misure dei decreti varanti duranti la pandemia. L'obiettivo è capire se ci sono spazi per confermarne alcune nel 2021. Anche perché il governo sa che per quanto il Pil possa recuperare qualche punto percentuale, l'economia reale continuerà a soffrire a lungo.
A credere ad una conferma delle misure dell'emergenza è sicuramente il viceministro pentastellato Laura Castelli che ieri ha chiesto di «rafforzare e rendere strutturali meccanismi di decontribuzione per chi continua ad offrire lavoro, ma soprattutto implementando e, contestualmente, riformando gli ammortizzatori sociali e usando ancora di più strumenti come la solidarietà espansiva». La prima misura è contenuta nel decreto agosto ed è limitata al Sud. A tifare per una conferma e ampliamento della platea della decontribuzione è anche Italia Viva.
Ma dai primi dettagli che emergono sul Bilancio 2021 si capisce che gli spazi per prolungare le misure dell'emergenza sono nulli. La prossima «finanziaria» sancirà il ritorno al rispetto delle norme europee. Rafforzato questa volta dalle condizionalità legate al Recovery fund. Se l'Italia non rispetterà le ultime Raccomandazioni paese non otterrà i 209 miliardi del piano europeo. E nelle raccomandazioni per l'Italia si dà un indicazione precisa su cosa fare con il fisco. Taglio delle «spese fiscali» e riforma del catasto.
Due temi politicamente indigesti.
In sostanza, di risorse per la riforma fiscale sono inesistenti. L'unico modo per finanziare la riforma è tagliare le agevolazioni. Il sostegno politico ci sarebbe. Nessuno dei partiti di maggioranza è contrario. La fattibilità tecnica è però un'altra cosa, soprattutto quando si toccano agevolazioni di settori produttivi.
Sta emergendo una cifra di un possibile taglio alle tax expenditures. Dieci miliardi, da girare alla riforma dell'Irpef e al nuovo assegno famigliare. Per realizzare la sforbiciata, emergono proposte tecniche anche radicali, come un taglio orizzontale del 2% su tutte le agevolazioni. Entrate certe, così come sarebbe certo anche un aumento della pressione fiscale.
Oppure una selezione delle voci da tagliare.
Sulle più di 500 agevolazioni fiscali dell'ultimo rapporto quelle veramente pesanti, quindi quelle che potrebbero servire a coprire altri interventi sul fisco, sono poche e sono quasi tutte irrinunciabili, come le agevolazioni per il mutuo.Resterebbero interventi più pesanti, come quelli sui regimi fiscali speciali, cioè sulle aliquote sostitutive come la cedolare secca. Un regalo che gli italiani non gradirebbero.
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