"Un tavolo con tutti". Ma dai giallorossi soltanto retorica e veti

Pd, M5S e Leu aprono al dialogo: "Ci attiveremo per individuare il nome condiviso con tutti". Ma in realtà pongono ancora veti al centrodestra: "Non ha un diritto di prelazione sul Quirinale"

"Un tavolo con tutti". Ma dai giallorossi soltanto retorica e veti

La solita retorica vuota, di slogan e frasi fatte. È quanto propone nuovamente il fronte giallorosso, che questa mattina si è riunito per fare il punto della situazione in vista dell'elezione del presidente della Repubblica. Il vertice non ha portato alla benedizione di un vero e proprio nome: Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Liberi e uguali non hanno ancora una strategia chiara, tanto che si riuniranno domani mattina per concordare il comportamento da tenere in occasione della prima votazione. Da vedere se voteranno scheda bianca o punteranno su un candidato di bandiera.

Nella nota congiunta di Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza si legge che nelle prossime ore i giallorossi promuoveranno "i confronti necessari per arrivare a un tavolo con tutti i gruppi parlamentari al fine di individuare il nome condiviso". Il centrosinistra ha per caso aperto al dialogo con il centrodestra? Apparentemente sì, ma le sensazioni sono altre: da ieri sera continuano a essere posti veti e chiusure nei confronti di un candidato di centrodestra.

Chiusura al centrodestra

Letta in realtà non vuole saperne: crede che il centrodestra non sia nelle condizioni di dare le carte. "Per chiarezza e trasparenza noi affrontiamo questo difficile passaggio coi nostri alleati. Coi quali a partire da oggi concorderemo nomi e proposte", ha ribadito a chiare lettere su Twitter. Una posizione che trova d'accordo pure Liberi e uguali: "Non si può partire dopo tutto questo stallo con un diritto di prelazione da parte del centrodestra". Invece Conte ha usato toni più distensivi: "Trovare un nome condiviso col centrodestra? Io sono sempre ottimista".

La carta Riccardi

Nell'ambiente giallorosso sta circolando con insistenza il nome di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, che potrebbe essere speso come candidato di bandiera. Fonti del Nazareno fanno sapere che si ragiona su Riccardi "come profilo di presidente ideale". Parole positive sul suo conto sono state espresso da Conte: "È una candidatura che ha le caratteristiche che abbiamo detto". Liberi e uguali tiene a precisare che "non è un nome di bandiera, ma il profilo giusto come candidato per la presidenza della Repubblica".

L'ipotesi Draghi

Uno dei principali snodi riguarda il futuro di Mario Draghi. I partiti di maggioranza a fine 2021 hanno giurato fedeltà al premier, auspicando il proseguimento della legislatura fino al 2023. Uno scenario che però potrebbe venire meno se Draghi dovesse approdare al Colle, con la stabilità dell'esecutivo che sarebbe messa a forte rischio e con le elezioni anticipate a un passo.

Il Partito democratico non ha preso una posizione ufficiale in merito all'ipotesi Draghi, ma di certo non la disdegna. Idem i 5 Stelle, dato che Conte è stato esplicito: "Non mettiamo veti". Su questo fronte anche Leu, per bocca della capogruppo al Senato Loredana De Petris, non ha affatto chiuso le porte: "Draghi deve restare a Palazzo Chigi? Valuteremo la soluzione migliore per il Paese nel corso della riunione del centrosinistra".

M5S spaccato

Prima di recarsi alla Camera, Conte ha assicurato che i 235 voti dei grandi elettori del Movimento 5 Stelle si riveleranno necessari per eleggere un capo dello Stato "autorevole e che ci renda tutti orgogliosi di essere italiani e ben rappresentati".

Ma il leader del M5S può davvero contare sulla graniticità del suo gruppo? Non si direbbe, visto che i grillini sono spaccati in correnti: chi vuole il Mattarella bis, chi ripudia l'ipotesi Mario Draghi, chi invece vuole il premier al Quirinale e chi vorrebbe candidare una donna.

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