Oltre 400 morti, 51 sono bambini, circa 14.000 persone arrestate da settembre a oggi, aumento delle esecuzioni. È il risultato della più vasta e capillare protesta nella storia della Repubblica islamica. Coraggiosa quanto sanguinosa contro il regime. Donne che chiedono pari diritti e questa volta non sono sole. In piazza, dopo l'uccisione di Masha Amini per il velo messo male, sono scesi in strada giovani, uomini di tutti i ceti sociali, studenti, lavoratori, atleti, artisti. E la risposta è sempre la stessa: violenza. Ieri il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha condannato la repressione in Iran delle pacifiche proteste di piazza e ha deliberato l'avvio di una indagine ad alto livello. La decisione è passata con 25 voti a favore, sei contrari e 16 astensioni.
«Una crisi totale dei diritti umani», ha denunciato l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, nel corso di una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani dell'Onu, che ha chiesto nuovamente alle autorità di «mettere fine all'uso della forza non necessario e sproporzionato» contro i manifestanti.
Dopo aver espresso la sua «profonda ammirazione per il popolo iraniano», Turk si è detto «addolorato nel vedere ciò che sta accadendo nel Paese: immagini di bambini uccisi, di donne picchiate per strada, di persone condannate a morte». E proprio ieri l'Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Volker Tuerk, ha ribadito di non aver ricevuto alcuna risposta dall'Iran alla sua proposta di visitare il Paese. Arrivano intanto dal Paese notizie sconfortanti. Ormai il regime non guarda più in faccia a nessuno. Arrestata anche la nipote della Guida suprema dell'Iran Ali Khamenei, l'attivista Farideh Moradkhani per aver partecipato alle proteste. Ma la furia non risparmia neppure una leggenda del calcio, Voria Ghafouri, ex giocatore della nazionale di calcio iraniana e attuale difensore del Khuzestan Steel Club, catturato e portato via davanti al figlio di dieci anni per aver «insultato» il regime e «propaganda contro lo Stato». «Sono sconvolto», ha detto Andrea Stramaccioni, tecnico e commentatore Rai dei Mondiali Qatar 2022. «Ho parlato con la moglie e gli amici, hanno paura, era mio capitano all'Esteghlal». Un arresto con un tempismo perfetto. O meglio, un avvertimento perfetto. Non è un caso infatti che la cattura di Ghafouri giunge mentre ai Mondiali di calcio, lo scorso 21 novembre durante la partita d'esordio contro l'Inghilterra, i giocatori della nazionale non hanno cantato l'inno in solidarietà con le proteste. Ora sanno cosa spetterà ai disobbedienti una volta rientrati in patria. Intanto Teheran punta il dito contro i Paesi occidentali dicendo che «non hanno la credibilità morale» per dare lezioni. Intervenendo in video alla riunione d'emergenza dell'Unhrc il rappresentante permanente della Russia alle Nazioni Unite a Ginevra, Ghennady Gatilov, ha esortato «gli Stati a smettere di interferire negli affari interni della Repubblica islamica e di destabilizzare la situazione nel Paese».
Ma nel Paese non si placano le proteste con nuovi appelli a manifestare in solidarietà con i manifestanti nelle province a maggioranza curda, in particolare nell'Azerbaigian occidentale, colpita duramente dalla repressione delle forze di sicurezza iraniane.
Per arginare nuovi focolai di protesta, il governo ha dispiegato le forze di terra dei Guardiani della rivoluzione iraniana (pasdaran) nelle città e nei villaggi della provincia del Kurdistan e nell'Azerbaigian occidentale per reprimere brutalmente i manifestanti.
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