Teheran minaccia le ambasciate. Bibi: "Tregua se gli ostaggi liberi"

L'avviso: "I palazzi sionisti non più sicuri". Gallant: "Siamo preparati". Netanyahu: "Il regime dietro al 7 ottobre, restiamo uniti". Kirby: "Biden frustrato con Tel Aviv"

Teheran minaccia le ambasciate. Bibi: "Tregua se gli ostaggi liberi"
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A sei mesi dall'attacco di Hamas e di fronte alla minaccia incombente di un raid da parte dell'Iran, Benjamin Netanyahu chiede al Paese di «restare unito», assicurando di essere «a un passo dalla vittoria», e che con Teheran sono pronti per qualsiasi scenario.

E proprio dalla Repubblica islamica arriva un pesante avvertimento: «Nessuna delle ambasciate del regime (israeliano) è più sicura», afferma il generale Rahim Safavi, consigliere militare dell'ayatollah Ali Khamenei. Nei giorni scorsi Tel Aviv ha chiuso 30 sedi diplomatiche, compresa quella a Roma, e il premier spiega che «questa guerra ha rivelato al mondo ciò che Israele ha sempre saputo: l'Iran è dietro all'attacco contro di noi attraverso i suoi complici». «Dal 7 ottobre siamo stati attaccati su molti fronti dagli affiliati dell'Iran: Hamas, Hezbollah, gli Houthi, le milizie in Iraq e Siria - prosegue Netanyahu - Israele è pronto, in difesa e in attacco, a qualsiasi tentativo di colpirci, da qualsiasi luogo». Quindi, in riferimento alle manifestazioni contro la politica del governo, denuncia che «in queste ore una minoranza estrema e violenta sta cercando di trascinare il Paese nella divisione».

«Non c'è niente che i nostri nemici desiderino di più - sottolinea - Vorrebbero che la divisione interna e l'odio gratuito ci fermassero poco prima della vittoria». Il premier coglie pure l'occasione per ribadire quando ha già detto alla comunità internazionale: «Non ci sarà cessate il fuoco senza il ritorno degli ostaggi. Questa è la politica del nostro governo, e accolgo con favore il fatto che l'amministrazione Biden abbia chiarito l'altro giorno che è anche la sua posizione». Precisando poi che «non è Israele a impedire un accordo, ma Hamas». Il ministro della Difesa Yoav Gallant, da parte sua, fa sapere che lo Stato ebraico «ha completato i preparativi per una risposta contro qualsiasi scenario che si possa sviluppare con l'Iran». La dichiarazione arriva in seguito ad una valutazione con il capo della direzione delle operazioni dell'esercito, il generale Oded Basiuk, e il capo della direzione dell'intelligence militare, il generale Aharon Haliva, dopo le minacce di vendetta da parte di Teheran per l'attacco al consolato a Damasco. E dagli Usa, aumenta l'insoddisfazione nei confronti dell'alleato. Il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha ammesso che l'amministrazione di Joe Biden è «sempre più frustrata» con la condotta militare di Israele e «questo è stato il messaggio centrale che il presidente ha recapitato al premier nella telefonata dei giorni scorsi: devono fare di più».

Durante un'intervista con Abc, rispondendo alla conduttrice che citava una serie di dichiarazioni di Biden fatte negli ultimi mesi, Kirby ha detto: «Sono contento che tu abbia fatto vedere quella scansione, perché mostra il crescente livello di frustrazione che abbiamo riguardo il modo con cui queste operazioni vengono portate avanti e il modo in cui Israele sta agendo in termini di vittime civili». Intanto a Washington è arrivato il leader dell'opposizione di Tel Aviv, Yair Lapid, per alcuni colloqui con alti funzionari Usa tra cui il segretario di Stato Antony Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.

Durante la visita Lapid incontrerà anche il leader della maggioranza democratica al Senato Chuck Schumer, che il mese scorso ha chiesto elezioni anticipate in Israele definendo Netanyahu uno dei «maggiori ostacoli» alla pace.

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