L'offerta americana su Tim, che per ora è solo poco più di una intenzione, manda in corto circuito Piazza Affari. Non c'è nulla di definito, anzi, a Roma iniziano a rilevare «la mancanza di elementi essenziali» per definire la proposta da 10,8 miliardi del fondo Usa Kohlberg Kravis Roberts (Kkr) sul gruppo telefonico come una reale Offerta pubblica di acquisto (Opa). Tale, quindi, da avviare una valutazione ufficiale da parte dello Stato italiano per un asset strategico e su cui il governo può esercitare il golden power. Ma Piazza Affari già si interroga su un possibile rilancio da parte del fondo Usa (che ad oggi propone 0,505 euro per azione Tim). In Piazza Affari, comunque, il titolo Tim dopo l'exploit di lunedì, ha ripiegato a 0,43 euro (-4,7%) con volumi da brivido: è stato scambiato il 6,18% del capitale.
I punti interrogativi sono numerosi. «Aspettiamo i dettagli per vedere in che cosa consiste. È difficile parlare di una cosa che manca di elementi sostanziali», ha evidenziato il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti a margine della inaugurazione dell'Eicma a Milano. Dopo il rincorrersi di indiscrezioni nel week end, domenica sera il cda di Tim ha comunicato di aver «preso atto» della «intenzione» di Kkr «allo stato non vincolante» ma solo «indicativa», di effettuare «una possibile operazione sulle azioni Tim attraverso un'Opa» condizionata «tra l'altro» a una «due diligence confirmatoria» (esame delle attività e dei conti del gruppo) «di durata stimata in quattro settimane». Insomma, le condizioni descritte nella nota del gruppo sono così tante da far apparire vaga la stessa «manifestazione di interesse» d Kkr. Giorgetti ha poi precisato: «Il governo valuterà l'interesse pubblico che è sotteso a una rete che ha profili anche strategici quando l'Opa ci sarà e quando il piano sarà dettagliato». In merito Matteo Salvini (Lega) dopo aver sottolineato «l'importanza strategica di Sparkle, dello sviluppo del cloud e delle tecnologie 5G», ha evidenziato: «A Tim e all'Italia servono un partner e un piano che rafforzino l'azienda, non un'operazione finanziaria che rischia di portare uno spezzatino di una realtà così importante per il Paese».
In ogni caso Vivendi, primo socio di Tim con il 23,75%, ha già ribadito di essere un investitore di lungo termine del gruppo e di non avere alcuna intenzione di vendere la propria quota, tanto meno alla metà di quanto a suo tempo pagato per l'ingresso. Ma il 23,75% del gruppo guidato da Luigi Gubitosi in mano ai francesi potrebbe vanificare gli sforzi di Kkr. Anche per questo, secondo fonti dell'agenzia Bloomberg, il fondo statunitense starebbe verificando la possibilità di aumentare la proposta da 0,505 euro fino a 0,7-0,8 euro (c'è pensa fino a 0,9 euro) pur di convincere Vivendi a trattare. Fonti vicine al dossier sostengono tuttavia che Kkr è totalmente e solamente focalizzata sull'offerta presentata al board di Tim il 21 novembre.
Qualche indicazione in più potrebbe trapelare il 26 novembre, quando è in programma un altro cda di Tim, originariamente chiamato a rispondere ai dissapori di alcuni consiglieri contro i vertici. Da New York, intanto, tutto tace.
Il fondo americano che ha qualificato l'operazione «amichevole» e «aspira ad ottenere il gradimento degli amministratori e il supporto del management», non ha preso per ora alcuna posizione per rafforzare le proprie aspirazioni su Tim.
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