
Un applauso lungo sei chilometri, percorsi lentamente dalla papamobile bianca, la stessa che aveva accompagnato Francesco nella sua visita in Messico nel 2016. E che ieri lo ha fatto nel suo ultimo viaggio, da San Pietro alla Basilica di Santa Maria Maggiore, dove Bergoglio ha scelto di essere sepolto. Sulla tomba la sola scritta: Franciscus.
Scortato dalle moto della polizia, seguito dalle auto dei cardinali, protetto da un elicottero che sorvola a bassa quota, il feretro esce dal Vaticano in un'atmosfera sospesa, di solenne tenerezza. Migliaia di persone, almeno 150mila, si accalcano lungo le transenne del tracciato che attraversa il cuore di Roma, la sua diocesi. Tutti a cercare un posto a bordo strada, per salutarlo, per poter vedere da vicino la semplice bara di legno, con incisa una croce bianca e lo stemma papale. La consapevolezza dell'eccezionalità e della potenza emotiva e simbolica dell'evento, si coglie nel silenzio che attende il passaggio del corteo, un unicum nella storia moderna e contemporanea. Solo due precedenti, anche se diversi per contesto e personaggi: quello di Pio IX, che chiese la sepoltura in San Lorenzo fuori le Mura, ma la salma venne trasferita solo tre anni dopo la sua morte, e di notte, nel 1878, per il rischio di contestazioni anticlericali. E quello di Pio XII, che morì a Castelgandolfo nel 1958, e venne poi riportato in Vaticano.
L'eco degli applausi che accompagnano il passaggio, anticipa l'arrivo del corteo a chi è posizionato più avanti. Chi si fa il segno della croce, chi no. Fedeli e non. Il saluto a Francesco è di tutti. I telefonini accesi per seguire la diretta del percorso, per catturare il momento. C'è chi ha deciso di rimanere a San Pietro, per vederlo sui maxi schermi allestiti in piazza.
«Speriamo che ora sappiano scegliere nel solco della continuità con Francesco», dice una signora che si protegge dal sole. Un concetto che ritorna, nelle parole di molti: «Che la Chiesa non disperda la sua eredità, che continui ad aprirsi al mondo». E simbolicamente la Chiesa, Francesco l'ha fatta aprire al mondo anche ieri. Uscendo dal Vaticano verso la basilica mariana, attraversando il Tevere, da una sponda all'altra, in un ricongiungimento ideale e fisico con il suo popolo, la sua gente. Il Papa della gente, ripetono tutti.
«Viva Francesco!», «Francesco, Francesco, Francesco!». I cori ritmati che accompagnano il corteo mentre tocca i luoghi simbolo della Capitale - corso Vittorio Emanuele, i Fori imperiali, il Colosseo - sono gli stessi che i fedeli cantavano a Bergoglio nei suoi bagni di folla. Oggi hanno un effetto di dolcezza, che ammorbidisce il vuoto della perdita. Non c'è niente di lugubre, in questa giornata. In questo saluto. Sul sagrato della basilica di Santa Maria Maggiore, lo attende un piccolo corteo, questa volta composto da poche persone, rappresentative del «suo» popolo, quello dei fragili, degli «ultimi». Poveri, senza fissa dimora, detenuti, persone transgender, migranti.
Ultimi, questa volta, nel salutare Francesco prima della tumulazione. «È una scelta commovente - ha detto il vescovo Ambarus, delegato Cei per la carità - perché il Santo Padre sarà accolto dalla Madre che lui tanto amava e dai figli prediletti che gli faranno corona».
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