Chi frequenta i corridoi dell'Inps descrive un imbarazzo palpabile. Visto che Pasquale Tridico minaccia denunce a chi accusa lui e imputa la strana fuga di notizie sui deputati avidi dei 600 euro a una «gola profonda», ora a finire sotto al microscopio è l'intera struttura dirigenziale dell'ente.
C'è però una nuova ricostruzione dei fatti che si va componendo nel mondo politico. E se da un lato continua a puntare l'indice contro chi aveva interesse ad alimentare la macchina della propaganda grillina, dall'altro fornisce una diversa spiegazione dei tempi della rivelazione agostana. Commentatori e deputati si chiedono innanzitutto per quale motivo la direzione Antifrode dell'Inps abbia raccolto i dati sugli onorevoli con la partita Iva. Chi conosce i meccanismi dell'ente sostiene che la direzione Antifrode abbia semplicemente segnalato la situazione anomala di alcuni percettori dell'indennità Covid: sul fatto che abbiano diritto a incassare i 600 euro qualche dubbio c'è ancora e quindi gli uffici avrebbero acceso un faro e chiesto ai vertici di valutare più attentamente queste situazioni, perché i parlamentari hanno una propria cassa di previdenza e leggendo meglio le norme sorge il dubbio che questo avrebbe fatto decadere il loro diritto a chiedere l'indennità. L'audit avrebbe individuato anche altre posizioni borderline e avrebbe quindi richiesto una più attenta valutazione. Perché, in fin dei conti, se l'Inps avesse erogato indebitamente l'indennità a duemila politici, i vertici potrebbero essere chiamati a risponderne e i soldi andrebbero recuperati. La segnalazione risalirebbe, come sostenuto da diverse altre ricostruzioni, addirittura allo scorso maggio. Perché le informazioni sono rimaste in un cassetto per tanti giorni? La prima ricostruzione circolata era di una manovra propagandistica volta a screditare ulteriormente i parlamentari in vista del referendum che dovrebbe tagliarne il numero. In fin dei conti gli «onorevoli accattoni» sono tre su mille e c'è chi fa notare che si tratti di un tasso di opportunismo e avidità tutto sommato inferiore alla media.
Ma nelle ultime ore si fa strada una ricostruzione diversa: i nomi dei tre deputati e di altri politici di consigli regionali e comunali erano stati individuati già a maggio come il materiale perfetto per confezionare uno scandalo anti casta da far deflagrare in prossimità del voto referendario del 20 e 21 settembre.
Perché allora far uscire la notizia oltre un mese prima, con il rischio che lo scandalo venga dimenticato troppo presto? In realtà, ragiona più di un esponente politico, la pressione cui il governo era sottoposto dopo la rivelazione dei verbali del Cts secretati ha consigliato i registi dell'operazione di anticipare i tempi. E non a torto: le accuse a Conte per la gestione opaca del lockdown sono sparite dai giornali, sommerse dall'eco dello scandalo degli «onorevoli accattoni».
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