
Coco Chanel diceva che c'è un tempo per il lavoro e uno per l'amore ma poi di tempo non ne rimane più. I designer che stanno presentando le collezioni donna del prossimo inverno sulle passerelle di Parigi sembrano più interessati al tempo con buona pace dell'amore che ultimamente latita nel mondo della moda. Anche per questo il prét-à-porter Dior che Maria Grazia Chiuri ha fatto sfilare con una potente messa in scena studiata da Bob Wilson, ci è sembrato struggente e poetico come una bella lettera d'amore. Non a caso stavolta Madame Chiuri parte da Orlando, il formidabile romanzo dedicato da Virginia Wolf alla sua compagna Vita Sackville-West e definito: «La più lunga lettera d'amore della storia». Poi essendo una grandiosa professionista, allarga gli orizzonti al tempo, il grande tiranno con cui tutti dobbiamo fare i conti. Riscopre così il meraviglioso lavoro fatto da Gianfranco Ferrè per la maison Dior e lo rivaluta in tutto il suo splendore. Le camicie bianche, i corsetti, le gorgerere elisabettiane e alcuni elementi decorativi che dal rinascimento balzano al barocco si mescolano quindi con l'insuperabile modernità di bomber, trench, giacche maschili tagliate al femminile e tutto il lussuoso immaginario che dai tempi di John Galliano fa dire al mondo intero: J'adore Dior. Anche Sarah Burton fa un gran lavoro sul tempo e per la sua prima collezione come direttore artistico di Givenchy racconta del fortunoso ritrovamento di un armadio segreto nell'appartamento all'8 di Avenue Albert de Vigny in cui viveva e lavorava il fondatore della maison. Lì dentro Hubert de Givenchy avrebbe nascosto tutti i disegni su tela della sua prima collezione presentata nel 1953, un anno prima di vestire nel miglior modo possibile Audrey Hepburn per il film Sabrina. «Per andare avanti devi tornare all'inizio» dice saggiamente la Burton che in effetti cominciò la sua carriera da Alexander McQueen portando da Londra a Parigi gli schizzi e i prototipi dei modelli che l'indimenticabile designer inglese creava per Givenchy. Pare che lei abbia accettato di rimettersi in gioco solo per questo e come sempre quando le cose si fanno con il cuore vengono benissimo. Certo il miglior lavoro sul tempo è quello di Satoshi Kondo, da sei anni direttore creativo di Miyake, uno dei più grandi innovatori di stile del XX secolo. Il designer giapponese riesce a trasformare l'ordinario in straordinario. Si passa dagli abiti in maglia senza cuciture che addosso diventano sculture ma che una volta tolti vengono stampati su altri abiti per passare dal 3D al 2D oppure da quelli definiti «Panini» perché fatti in lana e alpaca con dentro un filato termoresistente che mantiene qualsiasi tipo di forma gli vuoi dare. Poi ci sono le plissettature fatte a caldo e poi a mano e quindi fuse insieme in un gioco di forme e colori che trasforma ogni vestito in un'avventura e lui nell'Eta Beta della moda internazionale. Rick Owens è piuttosto il memento mori del fashion system, uno che ti fa riflettere anche solo con la linea delle spalle di una giacca: più sagomate e protettive del solito, quasi un'armatura per questi tempi incerti e spaventosi. Invece Alexander Matiussi che si firma AMI Paris, con un cuore stilizzato sopra la A è un giovane poeta con i piedi ben piantati per terra pur avendo cominciato la sua carriera come danzatore. Figlio di un ebanista di origini italiane è cresciuto a Gisors, cittadina medioevale della Bretagna. Da lì è approdato nell'ufficio stile uomo di Dior, poi in quello di Givenchy e infine da Vuitton ai tempi d'oro di Marc Jacobs. Nel 2011 fonda la sua maison e otto anni dopo decide di lanciare anche una collezione donna visto che tutte le ragazze chic di Parigi si vestivano con le sue creazioni maschili.
Oggi ha 800 dipendenti, un giro d'affari da 300 milioni di euro, 80 boutique monomarca nel mondo e uno sconfinato talento ben mixato con la simpatia. Sarebbe bello poter dire qualcosa di più della collezione di Schiaparelli, ma l'unica cosa che abbiamo visto sono gli orecchini. Che senso ha sfilare in un luogo dove pochi privilegiati riescono a intravedere qualcosa?
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