Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio minaccia il voto di fiducia sul decreto Dignità, che approderà in aula per l'esame a partire dal 26 luglio, mentre la Lega prepara l'attacco a colpi di emendamenti in Parlamento per modificare nel cuore il provvedimento grillino. Il capo politico dei Cinque stelle apre ufficialmente lo scontro con l'alleato leghista. Voto di fiducia sul decreto? «Spero di no, però mi aspetto, e questo lo auspico, perché il Parlamento è sovrano, che ci sia un atteggiamento costruttivo sulle modifiche. Se poi si cominciano a fare 2-3mila emendamenti a quel punto inizia l'ostruzionismo e mi dispiace perché io ho dato tutta la disponibilità a discutere di modifiche».
È chiaro che Di Maio non tema l'ostruzionismo delle opposizioni ma l'assedio del Carroccio, che nei due passaggi parlamentari punta a cancellare tutta la parte «filo Cgil» del decreto. La minaccia del voto di fiducia è una dichiarazione di guerra alla Lega che sente la pressione delle imprese. A Montecitorio sono circa 890 gli emendamenti presentati nelle commissioni Lavoro e Finanze della Camera: tredici portano la firma del Carroccio e puntano a plasmare il provvedimento di Di Maio sul mercato del Lavoro. I punti essenziali del decreto riguardano la stretta sui contratti a termine, il limite massimo di durata ridotto da 36 a 24 mesi, il reintegro della causale per i rinnovi ma che salta per i lavoratori stagionali, multe per chi delocalizza le attività, stop alla pubblicità per giochi d'azzardo e allo scopo di lucro nello sport dilettantistico e interventi su spesometro e split payment.
La Lega punta a modifiche su contratti a termine, credito d'imposta, lavoro a somministrazione, ampliamento dei voucher in agricoltura e per i settori del turismo e, probabilmente, anche degli enti locali. Il partito di Matteo Salvini chiede, con un emendamento, di estendere il credito d'imposta per ricerca e sviluppo anche per «Intelligenza artificiale e attività similari». L'assedio leghista si concentra poi su contratti a termine e causali: il Carroccio vuole «cassare» la necessità della causale per i contratti a termine raccogliendo le sollecitazioni del mondo delle imprese.
L'emendamento proposto dalla Lega prevede l'istituzione di un regime transitorio nel quale, salva la durata massima di 24 mesi e il numero totale di proroghe ammissibili (quattro), le imprese possano rinnovare e prorogare i contratti a termine oltre i 12 mesi senza la necessaria indicazione della causale. «In questo caso, quindi, tale ultimo adempimento si spiega nella relazione diventerebbe definitivamente obbligatorio solo dopo una prima fase ibrida, dando, così, modo alle imprese (soprattutto alle Pmi) di riparametrare il proprio organico e riorganizzare la propria struttura all'intervenuto mutamento normativo senza le pesanti conseguenze a cui, invece, sono ad oggi esposte». Sponda tra Carroccio e Agenzie per il lavoro, che avevano bocciato il decreto Di Maio. La proposta di modifica dei parlamentari leghisti sull'agenzia per il Lavoro punta a rimodulare i criteri di somministrazione.
E infine è stato depositato un emendamento che rende più flessibile lo split payment, il meccanismo di anticipo dell'Iva per i pagamenti della Pa. La Lega con i suoi emendamenti ha presentato il conto; il M5s ora è costretto a saldare. Altrimenti la crisi è ufficialmente aperta.
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