Un attacco coordinato a due bersagli altamente simbolici nel cuore della capitale dell'Iran. La Repubblica islamica, accusata di essere il mandante di attentati terroristici in giro per il mondo, ha vissuto ieri mattina lo choc di un'aggressione della stessa natura contro la sede del Parlamento e contro il mausoleo dell'ayatollah Khomeini, che dello Stato teocratico sciita fu il venerato fondatore. E la firma apposta su questa duplice ferita al potere di Teheran - costata secondo un bilancio ufficiale 13 morti e 46 feriti - è la stessa di tutti i recenti e meno recenti attentati nelle nostre città europee: quella dell'Isis, che l'Iran combatte con le sue milizie armate in Irak e in Siria.
La giornata da incubo di Teheran è cominciata verso le 10.15. L'edificio del Parlamento è sorvegliatissimo, ma questo non ha impedito a quattro terroristi di penetrarvi, travestiti da donne, con le armi nascoste sotto le lunghe tuniche scure. Hanno raggiunto il cortile interno con l'intenzione di raggiungere l'edificio centrale dove ha sede l'aula parlamentare, ma qui sono stati intercettati dalla sicurezza. È iniziata una sparatoria, e i terroristi hanno trovato rifugio in uno degli edifici amministrativi, dove hanno catturato alcuni ostaggi. Non è ben chiaro cosa sia successo a questo punto, ma è certo che intorno alle 13 era tutto finito, con l'entrata in scena delle «teste di cuoio» e il suicidio di uno dei terroristi che ha azionato una cintura esplosiva che aveva addosso. Risulta che gran parte dei 46 feriti di ieri si siano contati nel Parlamento.
Quasi contemporaneamente, intorno alle 10.30, un'altra cellula terroristica è entrata in azione al mausoleo di Khomeini. Ma a questi è andata meno bene. Probabilmente perché avvertiti di quanto andava accadendo al Parlamento, gli uomini di guardia al colossale monumento funebre si sono insospettiti dei movimenti di tre persone che stavano entrando nel cortile interno dell'edificio dalla porta occidentale e hanno intimato loro di fermarsi. Due hanno invece cominciato a correre: uno è stato abbattuto da una raffica, mentre l'altro - una donna - è stato ferito e catturato. Il terzo terrorista è invece rimasto fermo e ha deposto l'arma a terra, ma quando i poliziotti si sono avvicinati si è fatto esplodere: con lui è morto un giardiniere del mausoleo, e tre poliziotti sono rimasti feriti.
Fonti iraniane hanno sostenuto che ci fosse anche un altro ordigno, che sarebbe stato disinnescato, a poca distanza dal mausoleo. Conclusi i drammatici eventi terroristici, è arrivata la rivendicazione dell'Isis, rilanciata dall'emittente saudita Al Arabiya: «Combattenti dell'Isis hanno attaccato il mausoleo di Khomeini e il Parlamento iraniano a Teheran», cui più tardi si è aggiunto un ulteriore comunicato in cui si minaccia l'Iran di altre azioni sul suo territorio «finché non avremo instaurato la sharia».
La reazione verbale del regime iraniano è parsa più dura di quella, piuttosto incerta, dispiegata dalle sue forze di sicurezza.
I deputati del Parlamento hanno reagito con grida corali di «morte agli Stati Uniti e al suo servo, l'Arabia Saudita»: un evidente richiamo ai fatti di questi giorni, con Trump che indica nell'Iran il responsabile degli atti di terrorismo islamico nel mondo e stringe i legami con Riad per la formazione di una coalizione sunnita che metta nel mirino contemporaneamente l'Isis e Teheran. Ancora più duri i pasdaran: i «guardiani della rivoluzione» islamica iraniana hanno giurato di vendicare tutto il sangue innocente versato.
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