Test e reagenti, manca tutto. E sul plasma ora è guerra

Screening sierologico, governo in ritardo. A Pavia ottimi risultati con il sangue dei guariti. Ma l'Aifa sceglie Pisa

Test e reagenti, manca tutto. E sul plasma ora è guerra

Governo in enorme ritardo per lo screening sulla popolazione. Sia per l'identificazione dei positivi tramite tamponi sia per il rilevamento degli anticorpi con i test sierologici. Una pericolosa smagliatura per le misure di prevenzione di contrasto alla diffusione del Covid 19. Ma la giornata di ieri è stata segnata anche dall'annuncio del San Matteo di Pavia sui risultati dello studio pilota che ha testato l'efficacia del plasma dei guariti per curare i pazienti affetti da Covid 19. Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia molecolare, ha spiegato che con la cura del plasma iperimmune la mortalità scende dal 15 al 6 per cento. Lo studio ha coinvolto 46 pazienti. Delusione quindi da parte della struttura sanitaria per la scelta di un altro studio sulla plasmaterapia come capofila della sperimentazione nazionale da parte dell'Agenzia del farmaco e dell'Istituto superiore di sanità. Si tratta dello studio «Tsunami» in corso presso l'ospedale di Pisa e adottato da altre regioni: Lazio, Campania, Marche, Umbria e dalla Sanità Militare.

Ieri l'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha rilanciato l'allarme sul rischio di ricadute dopo l'allentamento del lockdown. In alcune aree di Cina e Germania i casi stiano risalendo in seguito alla ripresa degli spostamenti e delle attività perché la maggioranza della popolazione è ancora scoperta: siamo lontanissimi dall'aver raggiunto l'immunità di gregge. «I primi studi sierologici dicono che una percentuale relativamente bassa della popolazione ha anticorpi contro Covid-19, il che significa che la maggior parte della popolazione è ancora suscettibile al virus», avverte Oms

Da noi con test e tamponi le Regioni sono partite in ordine sparso e ognuna si è mossa in base alle sue possibilità. Soltanto due giorni fa il commissario all'emergenza, Domenico Arcuri, pare essersi reso contro che i tamponi da soli non servono e che è necessario procurarsi pure i reagenti per processare il prelievo e ha dunque annunciato una «richiesta di offerta per chiedere alle imprese italiane e internazionali di darci il numero massimo di reagenti che ci servono a fare 5 milioni di tamponi ai cittadini italiani». Eppure ieri in una circolare del ministero della Salute si ribadiva che i test sierologici da soli non bastano e che «il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica» per la quale è necessario il tampone.

Oltretutto l'indagine sierologica nazionale su un campione di 150mila cittadini arranca. Soltanto la prossima settimana partiranno le chiamate da parte di volontari e operatori della Croce Rossa (Cri) per selezionare il campione. E così anche su questo fronte siamo al far west le regioni ma anche i singoli cittadini si rivolgono a strutture private o convenzionate per effettuare il prelievo a volte senza alcuna garanzia del risultato. L'Emilia Romagna

Intanto sono partiti i test sierologici della regione Lazio che ne ha in programma 300mila, iniziando con operatori sanitari e forze dell'ordine. «Sui primi 250 effettuati si sono registrati due casi di sieroprevalenza, ovvero lo 0.8 per cento. Casi che sono stati sottoposti subito a tampone», ha annunciato l'assessore alla sanità del Lazio, Alessio D'Amato.

Un campione piccolissimo ma tenendo conto del fatto che si tratta delle categorie più esposte il risultato sembra confermare la convinzione degli esperti. A parte alcune aree ristrette dove la diffusione è stata alta la maggioranza della popolazione non è venuta a contatto con il virus e non ha gli anticorpi che non garantiscono l'immunità.

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