La testimone del processo ad Alessia Pifferi: "Frigo vuoto ma nella valigia 30 abiti da sera"

In aula ha parlato la dirigente della scientifica che ispezionò l'appartamento

La testimone del processo ad Alessia Pifferi: "Frigo vuoto ma nella valigia 30 abiti da sera"
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Nelle valigie almeno trenta vestiti da sera, ma nessun alimento nel frigorifero per la piccola Diana.

È un racconto desolante, almeno quanto devono esserlo stati gli ultimi giorni della piccola di 18 mesi, morta di stenti a Milano la scorsa estate. Ieri c'è stata una nuova udienza del processo per la madre Alessia Pifferi, che l'aveva lasciata sola in casa per giorni ed è chiamata ora a rispondere di omicidio volontario pluriaggravato. In aula ha parlato la dirigente della polizia scientifica Annamaria Di Giulio, che ha fatto una descrizione dettagliata del corpo e della casa di via Parea al momento del ritrovamento del cadavere di Diana, che portava segni evidenti della morte già avvenuta e aveva addosso solo un vestitino giallo.

La poliziotta ha raccontato che il corpo era poggiato pulito nel lettino, senza lenzuola e senza pannolino. «Si vedeva che era stata risciacquata perché la testa era umida - ha detto Di Giulio -. Anche il lettino in cui giaceva, senza lenzuola e senza copricuscino, con solo un coprimaterasso, era pulito. Nella lavatrice gli agenti hanno trovato i panni ancora umidi». Il pannolino che Diana presumibilmente indossava durante l'agonia era stato invece accatastato nel cestino insieme a molti altri sporchi. «C'erano due valigie all'ingresso quando siamo arrivati - ha aggiunto -. All'interno, vi erano solo vestiti da donna, almeno 30 abiti da sera». Alessia era appena rientrata da Bergamo, dove aveva trascorso sei giorni con l'uomo che frequentava. La teste ha riferito che quel 20 luglio il frigorifero era praticamente vuoto, in particolare senza cibo per bambini e nell'abitazione vi erano diversi pannolini usati, sparsi in soggiorno e sul davanzale della finestra. Gli agenti sono arrivati nella casa dopo essere stati avvertiti dagli operatori del 118, chiamati da una vicina. «Alessia si trovava sul divano, in evidente stato di agitazione» ha detto l'agente. La descrizione di quel quadro squallido ha lasciato senza parole le persone presenti in Tribunale. Dietro all'imputata c'era anche la sorella Viviana, che è parte civile nel processo. «Non riesco a vedere né una lacrima né niente, è una cosa che mi fa malissimo - ha commentato -. Spero che Alessia si condanni da sola, capendo quello che ha fatto. Sentire certe cose sul corpicino di una bambina e che nel frigo non c'erano alimenti per bambini fa molto male: noi glieli portavamo e davanti a noi dava tantissimo da mangiare a Diana. Con noi faceva la mamma e se la criticavamo, ci diceva che lei sapeva fare la mamma. Mi auguro che venga ritenuta capace di intendere e di volere, perché per me è capace. Anche perché è lei che ha voluto tenerci lontani, noi c'eravamo».

Viviana anche ieri indossava la maglietta sulla quale è stampato il viso della nipotina.

«Alessia non ha mai chiesto scusa, nemmeno nelle lettere che ha inviato a me e a mia madre - ha concluso - non le risponderò mai fino a che non chiederà almeno scusa, io sono contro mia sorella ed è la parte giusta, perché quella che è morta è mia nipote».

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