A pochi giorni dal voto delle Regionali la campagna elettorale si sta trasformando in una esibizione di colpi bassi. Dopo la ricostruzione, definita dai diretti interessati pura fantasia, di un crescente disagio all'interno della maggioranza, ora è la volta della trasformazione delle scuole in palestre per pistoleri. L'idea sarebbe venuta al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari. Secondo la Stampa, il braccio destro della Meloni, vorrebbe introdurre il tiro a segno nelle scuole. Quella che potrebbe essere l'insegnamento di una disciplina olimpica nei luoghi deputati diventa nei titoli del quotidiano torinese qualcosa di più: «Insegniamo a sparare a scuola». Lo stesso Fazzolari non fa mai cenno all'idea di far sparare nelle scuole (bensì nei poligoni di tiro) ma tant'è. L'idea da veicolare è che la destra «pistolera» emula senza troppa originalità i trumpiani che negli Stati Uniti difendono le lobby delle armi.
Lo scoop della Stampa offre il destro all'opposizione di armare (è il caso di dirlo) una violenta polemica. «L'educazione civica della destra? Libro e moschetto», la sentenza del senatore dem Walter Verini, affidata alla ribalta mediatica di Twitter. Stessa ironia dal suo collega di partito Peppe Provenzano che sempre con un tweet si chiede: «A quando le adunate del sabato?», dove il denominatore comune scivola dalle armi alla retorica fascista. Non fanno meglio i Cinquestelle, con Giuseppe Conte che ironizza: «Noi nelle scuole portavamo i computer non le pistole».
Peccato che tutte queste reazioni sono arrivate dopo la sonora smentita fatta ieri mattina dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. «L'articolo nel quale si sostiene che io vorrei insegnare a sparare nelle scuole è ridicolo e infondato», le parole di Fazzolari affidate alle agenzie di stampa. Ora la questione potrebbe finire in tribunale. Fazzolari promette querele anche se il direttore della Stampa conferma le parole del suo cronista e rimarca: «È nota a tutti la passione per le armi di Fazzolari». Che però nulla ha a che fare con lo scoop in questione.
E i diretti interessati cosa dicono? Il premier Giorgia Meloni replica stizzita. «Per me il caso non esiste - dice a Milano a margine della manifestazione di chiusura della campagna elettorale per le Regionali in Lombardia -. Ognuno cerca di fare al meglio il suo lavoro, ma nessuno ha mai pensato neanche lontanamente una cosa come quella attribuita al sottosegretario Fazzolari». La questione, secondo il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara è irrilevante. «Non perdo tempo - dice - a commentare notizie inesistenti». Anche il vicepremier Matteo Salvini prende le distanze dalla tesi sostenuta dall'articolo. «Se uno vuol fare il tiro a segno va al poligono nel tempo libero. A scuola preferisco portare il codice della strada, non il porto d'armi», sentenzia il leader leghista.
Tanti esponenti della maggioranza, e non solo compagni di partito di Fazzolari, puntano l'indice contro la campagna mediatica che da giorni prende di mira i partiti di maggioranza. E tirando le somme si ricava una considerazione alquanto desolante, che il capogruppo al Senato di Fratelli d'Italia, Lucio Malan sintetizza così: «Le opposizioni ormai hanno deciso di fare politica prendendo spunto da notizie false o smentite.
Nonostante la smentita ufficiale, esponenti delle opposizioni hanno continuato a polemizzare alla ricerca spasmodica di qualunque cosa, non importa se vera o falsa, che possa infangare il grande lavoro svolto dal governo».
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