Tirrenia spegne i motori dei traghetti per le Isole. Merci e farmaci a rischio

La decisione dopo il blocco dei conti di Cin Sardegna, Sicilia e Tremiti in difficoltà

Tirrenia spegne i motori dei traghetti per le Isole. Merci e farmaci a rischio

Blocco dei collegamenti marittimi in piena emergenza Covid. Le navi Tirrenia che servivano Sicilia, Sardegna e Isole Tremiti sono ferme in porto. L'attracco forzato non danneggia per ora i passeggeri che solo in minima parte, con la pandemia in corso, usufruivano del servizio. Ma potrebbe complicare molto le cose sul fronte delle merci. Senza camion che viaggiano in questa parte d'Italia il timore è che arrivino a mancare beni di prima necessita e medicine.

A dare il senso dell'emergenza è il sindaco delle Tremiti, Antonio Fentini: «La nostra è una piccola isola dice e sospendere il traghetto significa creare dei disservizi enormi. La nave Tirrenia è la sola compagnia a effettuare, in questo periodo dell'anno, corse da e per le Isole Tremiti. Tra l'altro - puntualizza - a bordo della Tirrenia vengono caricati beni di prima necessità, il carburante per la centrale elettrica e i container carichi di rifiuti».

Ma cosa c'è all'origine di questo blocco? Tutto nasce dalla decisione dei commissari della vecchia società Tirrenia di avviare un sequestro conservativo della Cin, la new company creata al momento dell'alienazione da parte dello Stato e poi acquisita dall'armatore napoletano Vincenzo Onorato, proprietario delle navi Moby. Un duro colpo per l'azienda dell'armatore, che da mesi sta valutando le ipotesi per la ristrutturazione del debito con banche e obbligazionisti e se ricorrere o meno al concordato preventivo in continuità. «Teniamo a precisare - ha commentato Onorato - che la società è liquida, ma che il blocco dei conti correnti impedisce l'operatività. Inoltre, abbiamo più volte comunicato loro in forma scritta la disponibilità a offrire, nei limiti del consentito, garanzie di pagamento di quanto reclamato, in questo momento così drammatico per il Paese». Dichiarazioni che hanno innescato l'immediata replica dei commissari: «La proposta cui fa riferimento Cin è giunta a distanza di ben venti giorni dal provvedimento di sequestro e non prevede né l'ammontare del pagamento offerto, né l'indicazione delle relative tempistiche, né tanto meno alcuna forma di garanzia», e va considerata, dunque, «irricevibile» come «il tentativo di Cin di strumentalizzare a proprio favore il drammatico frangente in cui si trovano l'Italia e il mondo intero».

L'ennesima puntata di una saga che dura da anni quando, nel 2012, l'armatore di Moby ha rilevato Tirrenia (non saldando l'operazione in toto), che è sempre stata la compagnia concorrente. Da allora è nato una sorta di monopolio con cui Onorato si è anche assicurato un contributo statale da 72 milioni di euro all'anno per la gestione delle rotte in continuità territoriale verso la Sardegna, la Sicilia e le Tremiti. Ma perché proprio ora i commissari hanno preteso di riscuotere il debito verso lo Stato (180 milioni) che si è trascinato per otto anni? Secondo una clausola del contratto che consegnava l'ex compagnia di navigazione pubblica ai privati, il pagamento allo Stato per l'acquisto della società si sarebbe effettuato solo dopo un pronunciamento definitivo di Bruxelles sul tema aiuti di Stato (arrivato il 3 marzo). Per questo i commissari parlano di «atto dovuto».

Alla luce dell'emergenza Covid questo atto ha assunto però scenari nuovi.

Così ieri ministero dei Trasporti e quello dello Sviluppo sono intervenuti a gamba tesa spiegando che: «vanno garantiti i servizi da e per le isole e che saranno convocati, per questo, urgentemente il collegio commissariale e Tirrenia Cin». Nell'attesa, Onorato ha già, comunque, garantito che ripristinerà almeno il collegamento essenziale Civitacecchia-Olbia con una nave Moby.

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