Via toga e stipendio per la giudice indagata

Sperava di dribblare le sanzioni disciplinari chiedendo lei stessa il trasferimento da Palermo. Ma quello che via via è venuto fuori sull'indagine per corruzione che la riguarda ha dato una mazzata mortale all'antimafia e al Palazzo di giustizia di Palermo (indagati anche altri 4 magistrati). Di qui la richiesta, pesantissima, del pg della Cassazione e del ministro di Giustizia: Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, va sospesa dalle funzioni e dallo stipendio. Subito, senza attendere l'esito dell'indagine in corso a Caltanissetta.

Una richiesta quasi inevitabile. Troppo pesanti i contraccolpi sull'immagine della giustizia arrivati da questa giudice che faceva l'icona antimafia (è, tuttora, sotto scorta) ma in realtà per i pm gestiva in modo a dir poco disinvolto i beni sequestrati ai boss, affidandoli a un amministratore giudiziario amico che a propria volta dava consulenze a suo marito. Incredibile il debito accumulato (circa 18mila euro) con un supermercato in amministrazione giudiziaria dove faceva la spesa (o magari la faceva fare alla scorta, usata a mo' di cavalier servente anche per andare in profumeria o per accompagnarla al mare con la fidanzata del figlio). E poi le intercettazioni, quelle parole sprezzanti sui figli di Paolo Borsellino: «Cretina precisa» Lucia, ex assessore regionale alla Sanità; «squilibrato» Manfredi, commissario di polizia, «reo» ai suoi occhi di essersi commosso durante le manifestazioni in ricordo del padre, tanto da ricevere l'abbraccio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Manfredi Borsellino che si commuove, ma perché minchia ti commuovi a 43 anni per un padre che ti è morto 23 anni fa? Che figura fai...».

Se l'aspettava, la dottoressa Saguto, la stangata. E infatti ha commentato: «Visto il clamore mediatico che ha assunto questa vicenda immaginavo che una richiesta in questo senso sarebbe stata fatta. Mi difenderò». Al suo fianco, all'udienza a porte chiuse fissata in via d'urgenza per venerdì prossimo a Palazzo de Marescialli (la commissione disciplinare sarà presieduta dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini), ci sarà il suo nuovo difensore, l'avvocato Giulia Bongiorno: «Dimostreremo – ha aggiunto la Saguto – perché la richiesta di sospensione non andava fatta».

Sono sei gli illeciti disciplinari contenuti nell'atto di incolpazione trasmesso al Csm dal Guardasigilli Andrea Orlando e dal Pg della Cassazione, Pasquale Ciccolo. Il ministro contesta in primis la violazione dei doveri di imparzialità e correttezza e l'«uso distorto» delle sue funzioni per «interessi privati, peraltro in un contesto che inevitabilmente investe, per la sede in cui i fatti sono maturati, la credibilità stessa della risposta delle istituzioni al fenomeno mafioso». E poco conta, per il ministro, il fatto che l'indagine sia ancora in corso. «Indipendentemente» dall'esito degli ulteriori accertamenti «le verifiche fin qui condotte – sottolinea Orlando – riscontrano l'esistenza di gravi irregolarità».

E giù i fatti: gli incarichi all'amministratore preferito, l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara (pure lui indagato), le consulenze procurate dallo stesso Seminara al marito della Saguto, l'ingegner Luciano Caramma (indagato); e poi i debiti della famiglia Saguto, persino la tesi di laurea del figlio, compilata, dice l'accusa, da un amico poi premiato con una raccomandazione per il Cara di Mineo. Troppo. Troppo perché si possa permettere alla dottoressa Saguto di continuare a indossare la toga.

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