«Tre miliardi per ottomila Comuni italiani. Una cifra che non esiste, non va bene. Poi quello che fa arrabbiare è che è si tratta della stessa cifra che viene data ad Alitalia». Il sindaco di Milano Beppe Sala interviene alle 8.45 ai microfoni di Rtl 102.5 ed è già tonico. Ha provato a trattenersi qualche giorno prima di esprimere un giudizio (tranchant) sul fondo che il governo ha riservato nel Dl Rilancio alle pubbliche amministrazioni per sostenere i servizi nonostante i buchi di bilancio «effetto Covid». Ora boccia gli aiutini. Solo Milano ha già calcolato - al ribasso - almeno 500 milioni di mancate entrate tra imposta di soggiorno azzerata con il turismo, tasse di occupazione del suolo che ha promesso di azzerare ai commercianti e non incasserà nei prossimi mesi, banalmente durante il lockdown sono mancati pure gli incassi dalle multe. E i mezzi pubblici viaggiano al cento per cento con meno di due passeggeri su dieci rispetto a prima. «Va bene tutto - incalza ancora -, ma non possiamo immaginare che vengano dati 3 miliardi a 8mila Comuni dove i sindaci sono sulle barricate e altrettanti a fondo perduto alla compagnia di bandiera». Premette che a Milano non intende «tagliare di una riga i servizi». E posto che scatterà una trattativa sui fondi tra Comune e Anci, intanto sollecita una modifica di legge per procedere in autonomia sul reperimento di fondi. «Il governo - sottolinea - si sta indebitando con il permesso dell'Europa per sostenere il tessuto sociale, perchè Milano no? Abbiamo immobili da vendere, partecipazioni importanti in A2a e altre società partecipate, con la nostra solidità patrimoniale se domani il Comune chiama le banche ha delle aperture di credito in 24 ore». Ma secondo le leggi attuali i soldi in prestito potrebbero coprire gli investimenti e non la spesa corrente (i servizi, per intendersi). «Queste regole non funzionano più, anche quella di dare pochi soldi agli enti locali così spendono meno e pian piano si risparmia - contesta -. Io ho anche stima del premier Conte, ma patti chiari e amicizia lunga. Non ci possono mettere tre mesi per risolvere questa cosa. Si prendano quindici giorni per cambiare la norma e poi ci riferiscano, io non mollo, farò una battaglia a oltranza per i cittadini. Se riparte Milano riparte il Paese, altrimenti sarà un segno drammatico».
E il sindaco di Milano ripete in loop da giorni che la squadra dei ministri è inadatta all'emergenza. É partito dicendo che «Conte ha fatto il suo e non vedo alternative a questo governo all'orizzonte, ma non tutti i ministri sono all'altezza». Ha rincarato ricordando al premier «senza voler apparire irrispettoso» che la compagine ministeriale «non è che non possa essere rivista, a ottobre quando il vento sarà veramente forte, l'Italia correrà il rischio di essere declassata e salirà lo spread, il premier dovrà avere veramente i migliori italiani al suo fianco».
E ieri è stato ancora più netto: «In generale nella politica si arriva ai vertici non sempre per merito, la storia recente della Repubblica è fatta di Ministeri ricoperti da persone che ci sono arrivate un po' per caso. Era ammissibile in tempi normali, oggi no. Servono le teste migliori per gestire l'uragano in autunno». Patti chiari.
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