Archiviati. Prosciolti perché gli elementi raccolti in quattro anni di indagini, intercettazioni e pedinamenti messi nero su bianco in un'ordinanza di custodia cautelare da mille e duecento pagine firmata dal gip di Roma Valerio Savio, non sono risultati «idonei» a sostenere l'accusa di essere parte di un'associazione finalizzata al terrorismo internazionale. Finisce così, con «solo» quattro persone - su 17 - in carcere in attesa di processo, il capitolo italiano della maxi inchiesta che a novembre scorso aveva scoperchiato una cellula di presunti jihadisti collegata alla rete terroristica internazionale «Ratwi Shax» facente capo al mullah Krekar, estremista religioso detenuto in Norvegia, e con base logistica a Merano, in Alto Adige.
Infatti, su 17 persone indagate, per cui era scattato l'arresto appena quattro mesi fa, otto posizioni sono state a tutti gli effetti stralciate. Solo sospettati di essere adepti al Califfato, finiti nel mirino, secondo i magistrati, senza avere adottato in realtà «condotte illecite sul territorio italiano». I contatti accertati che hanno avuto con i vertici dell'organizzazione terroristica di Krekar, e per cui erano stati individuati dall'antiterrosimo di Roma, sono stati semmai superficiali e per lo più motivati da un indottrinamento religioso. Tesi riconosciuta dal gip di Trento Claudia Miori, che ha accolto l'istanza di archiviazione già avanzata dal pm Giuseppe Amato e dai sostituti Davide Ognibene e Pasquale Profiti, a cui era passata per competenza territoriale la titolarità dell'indagine, disponendo l'archiviazione. Solo due degli otto per cui sono cadute le accuse si trovano in Alto Adige, gli iracheni Goran Mohamad Fatah e Kaml Mahmoud Hama, che erano già stati scarcerati a neanche una settimana dall'arresto dopo che la stessa procura aveva chiesto l'inefficacia della misura restrittiva per insufficienza di elementi a loro carico. Ora al più rischiano l'espulsione, ma i loro avvocati sono pronti a eventuali ricorsi. Il primo, l'unico che non si era avvalso della facoltà di non rispondere nell'interrogatorio di garanzia, aveva ammesso di essere stato «solo» un seguace religioso del mullah, negando aspirazioni terroristiche. Il secondo avrebbe avuto contatti ma solo sporadici con la cellula meranese. Cadono dunque le ipotesi di un «loro contributo a collegamenti in chat, a manifestazioni e attività di proselitismo, di finanziamento, reclutamento, addestramento, preparazione alla guerra terroristica e dunque alla realizzazione delle condizioni economiche e operative per favorire l'invio di persone reclutate, radicalizzate». Tra gli altri prosciolti, un iracheno di cui si è ipotizzata la morte in Irak, e tre «irreperibili» sin dall'ordinanza di custodia cautelare. Ovunque siano, comunque, da oggi saranno liberi.
Così, del super impianto accusatorio contro i 17 di Merano, resiste solo il processo a carico di quattro detenuti in Italia,
tra cui la mente della cellula, Abdul Raham Nauroz, residente nel monolocale trasformato nel covo di reclutamento di foreign fighters, e tre seguaci. Krekar resta in cella in Norvegia, degli altri, invece, nessuna traccia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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