Trovato morto lo stalker Il killer della dottoressa si è impiccato in casa

Era un ex investigatore privato di 65 anni La vittima lo aveva denunciato ben due volte

Andrea Acquarone

È sfuggito alla giustizia degli uomini. Ai carabinieri che lo cercavano e ai processi. Uccidendosi, probabilmente subito dopo l'omicidio che aveva commesso. Feroce, belluino, «inspiegabile», eppure tragedia troppe volte già scritta.

Si chiude così, ma soltanto per la cronaca non per le coscienze, il noir di Ester Pasqualoni, la dottoressa oncologa massacrata l'altro ieri a colpi di roncola appena uscita dall'ospedale dove lavorava vicino a Teramo.

Eccoci qua, dunque, a parlare ancora di uno stalker diventato omicida. Lascia due figlie di undici e sedici anni, oltre all'anziana madre, la vittima. Loro non vedranno mai il killer, non potranno guardarlo in faccia, nemmeno provare istinti di vendetta. O quelli del perdono.

Qualcun altro, invece, dovrebbe fare ammenda. Da almeno quattro anni questo medico donna era perseguitata. Seguita, filmata, minacciata. Aveva denunciato, chiesto aiuto: nessuno ha mosso un dito. Anzi, gli esposti vennero archiviati.

Sarebbe materia per giudici a questo punto. Appena dieci giorni fa la Corte di appello di Messina ha condannato due magistrati che dieci anni fa «trascurarono» 12 denunce di una donna picchiata per anni e minacciata dal marito. Alla fine lui la uccise.

Anche stavolta, purtroppo, le istituzioni si sono dimenticate di una persona che avrebbe potuto salvare. L'uomo che l'ha colpita selvaggiamente alla gola e alla nuca nel parcheggio dell'ospedale non era uno sconosciuto. Era il maniaco del quale la dottoressa, rimasta vedova due anni or sono, aveva raccontato tutto. Enrico De Luca, 65enne ex investigatore privato, conosciuto in corsia quando portò il proprio padre a curarsi. Non un amante, non un amico, ma un «lavoro». Soprattutto per una come lei, donna che dietro il camice irradiava amore. Passione. Dedizione. Colleghi e pazienti la ricordano come «un baluardo» dell'ospedale, «consapevole della fragilità, soprattutto psicologica, dei suoi malati, assicurava a ognuno di loro un sorriso, parole di conforto e la sua presenza costante, anche fuori dall'orario di servizio, mostrando una straordinaria dedizione alla professione».

Dopo averla ammazzata, dopo essere fuggito su una Peugeot bianca per andarsi ad impiccare nella sua abitazione a Villa Rosa, vicino alla cittadina di Martinsicuro, lungo la riviera adriatica, De Luca resta un mistero, Di quelli che si potrebbero liquidare con il solito, ripetitivo, abusato sostantivo: pazzo.

Oggi proprio la mancata protezione di questa donna e madre, riapre il dibattito sullo stalking e sul femminicidio. Fenomeno di cui spesso in questo nostro «ritardato» Paese sembrano non venire colti i campanelli d'allarme. «Per noi è una grande sconfitta», ammette il capo della Polizia, Franco Gabrielli, «l'imperativo è la sollecitazione a tenere alta l'attenzione su queste vicende. Le vittime devono essere i soggetti primari della nostra attività, soprattutto nei reati di genere». Amnesty International, di recente segnalava come tante donne in Italia rinuncino persino a denunciare i propri aguzzini, vista la difficoltà del dopo. Dell'essere tutelate per davvero, protette, non lasciate alla mercé più di prima.

«Lo Stato ha il dovere di garantire una

protezione efficace e assoluta alle donne che trovano il coraggio di ribellarsi a persecuzioni e violenze», scrive Amnesty Italia. Concetto semplice, previsto dal codice. Che dovrebbe valer per tutti. Sesso a prescindere.

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