«Non sento cazzi». E ancora: «Stasera si conteranno i morti e i feriti». Non tra i pazienti, grazie a Dio, ma tra i dirigenti sanitari che il 4 novembre scorso, giorno della divisione dell'Italia in zone, non si fossero affrettati a seguire le direttive urgenti emanate con un messaggio vocale dal super burocrate al vertice dell'assessorato alla Salute siciliana, Mario La Rocca, deciso a evitare in ogni modo che l'isola finisse in fascia rossa per mancanza di posti in terapia intensiva.
Le espressioni colorite riportate da La Sicilia aiutano a trasmettere il clima che si respira non solo a Palermo, ma nelle sedi di molte Regioni italiane quando è ora di trasferire i dati al ministero della Salute perché accenda le luci del semaforo Covid: se è giallo, arancione o rosso cambia molto, non solo per i festeggiamenti del Natale o per l'apertura delle piste da sci ma per tutti gli indicatori sanitari ed economici di ciascuna regione coinvolta.
Trucchetti, aggiustamenti, spinte a lavorare sempre più in fretta, vere e proprie menzogne, settori cruciali d'urgenza messi in crisi nelle strutture pubbliche costringendo i pazienti a ricorrere a visite, accertamenti e interventi a pagamento? A ogni caso la propria storia. «Fornire dati falsi sul virus sarebbe un reato molto grave» si era sentito subito in dovere di precisare il ministro della Salute, Roberto Speranza. In passato accuse di processare in modo poco ortodosso i tamponi (altro indicatore decisivo) hanno toccato il Lazio, dubbi su altri punti critici sono stati sollevati su Campania e Liguria, per citare casi noti.
In Sicilia, mentre l'assessore difende il manager, il presidente della commissione Antimafia, Claudio Fava, ha chiesto l'invio degli ispettori ministeriali per verificare «quale sia la reale fotografia» della sanità siciliana. Si tratta di capire meglio che cosa volesse dire (e ottenere) il manager sanitario (da 3 settimane a casa per Covid) quando invitava a caricare più posti possibile «perché oggi in funzione dei posti letto in terapia intensiva decideranno in quali fasce la Sicilia risiede». Chiedeva semplicemente di operare in fretta? In ogni caso un posto in terapia intensiva non è solo un letto, ma strumentazioni e soprattutto personale sanitario, medici, infermieri, tecnici, in grado di usare le apparecchiature e curare i malati.
A sollevare il dubbio che i dati delle regioni non corrispondano esattamente a realtà è uno studio di Anaao Assomed (associazione dei medici dirigenti) su Covid-19 e posti letto internistici, basato su dati 2018 (gli ultimi disponibili) riparametrati in base a eventuali assunzioni e aumenti di posti intervenuti fino al 2020. La classifica delle regioni in maggiore difficoltà in base ai dati 2018 vedrebbe in testa il Piemonte, seguito da Lombardia, Liguria, Lazio, Campania. Più distanziate Sicilia, Puglia e Veneto. Il grado di saturazione dei posti letto internistici sarebbe ben superiore ai dati ufficiali e più rispondente alle immagini che si vedono continuamente in tv dagli ospedali italiani.
«Dai dati a disposizione - sostengono da Anaao - sembra che le Regioni abbiano aumentato i posti letto di degenza ordinaria e di terapia intensiva, ma probabilmente è come il gioco delle tre carte e permette di avere indicatori non rossi ma gialli o arancioni: si convertono posti letto per acuti di altre branche
specialistiche e si fanno risultare come posti letto Covid, attivati o attivabili, riducendo drasticamente la possibilità di cure ordinarie del cittadino, non garantendo più risposte al bisogno di salute della popolazione».
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