Venti in quattordici mesi, di cui due pezzi da 90 in meno di una settimana. È la sintesi dell'ultimo turnover dell'amministrazione di Donald Trump, che dopo l'addio nei giorni scorsi del consigliere economico della Casa Bianca, Gary Cohn, ha «licenziato» il segretario di stato Rex Tillerson. Una decisione nell'aria da mesi per le divergenze d'opinione con il titolare di Foggy Bottom, che il presidente ha annunciato su Twitter. «Mike Pompeo, direttore della Cia, diventerà il nostro nuovo segretario di Stato. Farà un lavoro fantastico. Grazie a Rex Tillerson per il suo servizio. Gina Haspel diventerà nuovo direttore della Cia, e la prima donna scelta. Congratulazioni a tutti», ha scritto Trump, annunciando anche la sostituta di Pompeo. La motivazione di The Donald è secca: con Tillerson «non ci trovavamo d'accordo su alcune cose. Sull'accordo iraniano, ad esempio, non la pensiamo allo stesso modo», ha detto.
Secondo il Washington Post, il tycoon ha chiesto all'ex numero uno di Exxon Mobile di farsi da parte venerdì scorso, mentre era in viaggio in Africa, ma il «quando» lo avrebbe appreso solo dal tweet di Trump. Parlando dal Dipartimento, Tillerson si è limitato a dire che ha ricevuto una telefonata da Trump (dopo il messaggio) e il suo ultimo giorno al Dipartimento sarà il 31 marzo, ringraziando per l'onore di aver servito il paese. «Non conosce le ragioni» del suo licenziamento, e «avrebbe voluto restare» per seguire «i progressi cruciali compiuti in materia di sicurezza nazionale», ha fatto sapere il sottosegretario agli Esteri, Steve Goldstein. Affermazioni che sarebbero immediatamente costate il posto anche a lui. Secondo il Wp, comunque, «ora che sono in corso i preparativi per l'incontro con il leader nordcoreano Kim Jong Un e le trattative sul Nafta, era necessario un turnover». A influire potrebbero essere state le affermazioni del capo della diplomazia Usa, una vecchia frase davanti ai collaboratori: «Trump è proprio un deficiente». E forse la vicenda dell'avvelenamento dell'ex spia russa e della figlia in Inghilterra. Tillerson si è infatti schierato a fianco di Londra, concordando con le conclusioni della premier Theresa May che Mosca è «molto probabilmente responsabile» e che «i responsabili, sia quelli che hanno commesso il crimine sia quelli che l'hanno ordinato, debbano avere serie conseguenze». Su Pompeo, invece, il Commander in Chief ha detto: «Con lui siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Fin dall'inizio c'è stata una buona chimica». «Con la sua leadership Trump ha reso l'America più sicura», ha commentato da parte sua il falco conservatore, fidato amico di Israele, critico dell'accordo con Teheran e strenuo sostenitore di Guantanamo. Con lui, fedelissimo del presidente, ora ci si attende una virata a destra della politica estera Usa e un dipartimento di Stato allineato alla Casa Bianca. Ma l'avvicendamento all'interno dell'amministrazione potrebbe non essere finito, visto che più volte sono state date in bilico anche la posizione del capo di gabinetto John Kelly, del consigliere per la sicurezza nazionale H.R. McMaster, e persino del consigliere e genero di Trump, Jared Kushner.
Intanto, il presidente è volato in California per la prima volta dalla sua elezione per visitare gli otto prototipi del muro anti-clandestini al confine col Messico, parlare ai marines a San Diego e partecipare a una raccolta fondi dei repubblicani a Los Angeles. Ad attenderlo, diverse manifestazioni pro e (soprattutto) contro. «Ponti non muri» si legge su uno striscione. Lo stato democratico è uno dei più duri nei confronti del tycoon, in particolare per le divergenze in materia di immigrazione e sulle «città santuario». Proprio su questo tema, poco prima di salire sull'Air Force One, Trump ha twittato: «Le politiche della California sono illegali e incostituzionali e mettono a rischio la sicurezza dell'intera nazione. Migliaia di stranieri pericolosi e violenti criminali sono lasciati liberi di prendere di mira americani innocenti.
Questo deve finire». La settimana scorsa il ministro della Giustizia Jeff Sessions ha annunciato una causa contro la California sull'immigrazione, che il governatore Jerry Brown ha definito il modo per iniziare una «guerra» con lo stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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