New York - Trump non si nasconde, anzi come è suo stile attacca apertamente e minaccia il procuratore speciale Robert Mueller, che indaga sul Russiagate, a non ficcare il naso sulla situazione finanziaria della sua famiglia e sul suo impero economico. Il tycoon sceglie il suo peggior nemico, il New York Times, che lo critica e sbeffeggia tutti i santi giorni, per mettere in guardia Mueller: «Sarebbe una violazione grave se allargasse le sue indagini sul business della mia famiglia: non superi la linea rossa». Nel corso dell'intervista nell'Oval Office, durata 50 minuti, Trump ha riservato parole durissime al procuratore speciale, accusandolo di avere un conflitto di interesse e di essere in combutta con l'amico James Comey, l'ex direttore dell'Fbi licenziato in tronco tre mesi fa da The Donald. «Non sono sotto indagine, per che cosa poi? Non ho fatto nulla di sbagliato. Mueller voleva il posto di Comey e non è il solo conflitto d'interesse che ha. Finora non ho detto nulla, ma prima o poi lo farò...». Trump avrebbe il potere di licenziare Mueller che sta indagando sul Russiagate, assieme ad altri 16 avvocati scelti in totale autonomia dal procuratore speciale e che sono pagati dal governo federale con un budget quasi illimitato. Anche il presidente Nixon, nel 1973, licenziò in tronco il procuratore Archibald Cox che stava indagando sul Watergate, ma si rivelò un errore politico perché scatenò l'impeachment. Non sarebbe il caso del tycoon, perché i repubblicani hanno la maggioranza sia al Congresso che al Senato, ma il prossimo anno le cose potrebbero cambiare con le elezioni di mid-term, con i democratici che potrebbero riconquistare le due Camere almeno secondo quello che dicono i sondaggi. Trump attacca tutti, nemici e anche sui presunti alleati: nell'intervista al New York Times ha riservato parole di fuoco all'ex direttore dell'Fbi, James Comey, che a suo avviso avrebbe diffuso ai media materiale compromettente per mantenere il suo posto e avrebbe anche cercato di ricattarlo. Poi The Donald ha riservato parole durissime al ministro della giustizia, Jeff Sessions, che fu il primo senatore a dargli l'endorsement durante le primarie: «Non lo avrei mai scelto come ministro se avessi saputo che si sarebbe astenuto sul Russiagate, la sua è stata una decisione ingiusta nei miei confronti». Come dire, Session ha i giorni contati a Washington: o si dimetterà o sarà dimesso.
Infine il presidente ha spiegato le ragioni del suo secondo incontro privato con Putin durante il G20 ad Amburgo: «Abbiamo parlato per 15 minuti, è stato uno scambio di convenevoli, nulla di più, abbiamo parlato di adozioni».
Intanto Donald Trump jr sarà sentito il prossimo 26 luglio in Senato nel corso di un'audizione pubblica, assieme all'ex manager della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort, per il loro incontro segreto del 16 luglio 2016 al Trump Tower con alcuni esponenti russi legati al Cremlino. Anche il genero Jared Kushner sarà sentito al Senato, ma sara un'audizione a porte chiuse, perché il marito di Ivanka è uno dei più stretti consiglieri di Trump.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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